Baroni universitari, banchieri, donne e uomini vicini alla CONFINDUSTRIA, qualche guerrafondaio. Pressoché tutti in odore di santità. E’ questo il nuovo che avanza, il governo super partes capace di portare l’Italia fuori dalla crisi, che è crisi sistemica del capitale su cui si sono lanciati come avvoltoi gli speculatori finanziari e che, pertanto, difficilmente si placherà perché arrivano i tecnici.

Significative le presenze di personaggi noti per avere più volte sposato e sostenuto linee molto rigide di attacco al welfare, soprattutto al sistema pensionistico pubblico, e per privatizzazioni in ogni campo, in buona sostanza in abbondante continuità con il governo che fu. L’uscita dalla crisi dovrebbe quindi avvenire attraverso una forte riduzione dei diritti e dello stato sociale, anche in barba ai 27 milioni di cittadini che, utilizzando il referendum sull’acqua e per la permanenza del pubblico nei servizi, hanno chiaramente espresso la propria contrarietà all’ipotesi incarnata dal governo Monti/Napolitano.

E la prevista durata di questo governo fino a fine legislatura fa presupporre che gli interventi, tesi ad assolvere al compito di ancelle del dio mercato, saranno più d’uno, strutturali come solo i governi tecnici sanno fare – ricordate la riforma delle pensioni targata Dini? –, aumenteranno la distanza tra il 10% che detiene il 50% della ricchezza e il 90% che ne detiene, anche qui con la media del pollo, il restante 50%, renderanno il lavoro, sempre più, variabile dipendente dal capitale e dagli interessi di impresa, garantiranno alla Banca Centrale Europea, al Fondo Monetario Internazionale, all’ Unione Europea la soddisfazione di tutte le loro richieste che segneranno per molti anni la qualità della vita e di lavoro di tutti noi. Non solo gli uomini del grande capitale si sono attrezzati per governare gli Stati, dall’Italia alla Grecia, ma anche per farlo con un consenso parlamentare bulgaro.

Eppure, nonostante tutto ciò sia chiaro ai più, anche perché non c’è nessuno che nasconda le proprie intenzioni, l’effetto eccitante della caduta di Berlusconi ancora non si è ridotto. Anche molta gente intelligente ancora indugia nell’ubriacatura antiberlusconiana invece di prendere atto che la realtà prossima non sarà dissimile- nei fatti, non nella forma- a quella vissuta finora. Anzi, forse sarà molto peggiore. Dobbiamo quindi combattere una doppia battaglia, quella del contrasto forte ai piani di ristrutturazione del governo, e quella dell’imbambolamento di massa, in un prima fase addirittura più pericoloso del primo.
Lo scontro sarà quindi di lunga durata, probabilmente lo dovremo combattere da soli – le dichiarazioni di tutti i leader sindacali dicono che l’opposizione, ove ci fosse, sarà più di forma che di sostanza – sperando di costruire un fronte ampio e partecipato da tutto il sindacalismo conflittuale ed indipendente, che smessi i panni identitari sia capace di riunificare i propri percorsi e costruire iniziative e lotte che pesino davvero nella situazione

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