Sabato 07.10 è stata una importante giornata di lotta. Altre aziende sono scese in campo per sostenere la lotta per l’occupazione dei loro colleghi della famosa azienda dolciaria umbra.

Purtroppo non c’è stata quella partecipazione di massa che serviva per rendere ancora più efficace la forte protesta che le maestranze della Nestlé stanno conducendo.

Sembra debole anche la linea sindacale tutta centrata sulla resistenza contro le logiche aziendale di questa grande multinazionale che prevedono solo tagli dei costi e licenziamenti.

È completamente assente un piano aziendale che possa rilanciare l’azienda e l’occupazione, eppure ci sarebbero ampi spazi di mercato che permetterebbero l’attuazione di investimenti produttivi che possano garantire un futuro all’azienda e a decine e decine di lavoratori.

I classici prodotti della Perugina come il Bacio, la cioccolata Luisa, i biscotti, che hanno reso famoso il suo brand in tuto il mondo, hanno un loro ampio margine di crescita per potersi affermare ancora come prodotti leader in un mercato sempre più competitivo.

Ma la logica della multinazionale non è quella di dismettere la produzione, è quella di delocalizzarla in zone dove il costo del lavoro è più basso, lo sfruttamento del lavoro umano pressante ed incivile e i profitti più alti.

Ma questi non sono che gli effetti di una globalizzazione liberista che, ormai egemone, impone ai soggetti più deboli. Il lavoro viene considerato un semplice fattore della produzione e disconosciuto completamente l’aspetto umano. L’unico paradigma sul quale si basa tutta l’arroganza padronale è quella del profitto.

Questa globalizzazione non nasce a caso per effetto del mercato, questa è solo una leggenda metropolitana, ma è stata perseguita con lucidità e determinazione dalla “razza padrona”, e trova origine fin dagli anni ’70, anche per effetto di errori di analisi e di strategie politiche della sinistra.

Condizioni che favoriscono povertà, sfruttamento, precarietà e una sempre più accentuata distanza fra i veri ricchi e le masse popolari più deboli.

La politica e, soprattutto le istituzioni, devono impegnarsi a regolare un mercato che non può essere quello del conseguimento di maggiori profitti per mezzo di salari miseri e massimo sfruttamento del lavoro; devono impedire la depauperazione di impianti industriali storici che hanno segnato la storia di intere Città, Regioni e Stati, come è stata la Perugina per Perugia e l’Umbria. Perugia si è identificata con la Perugina e la sua cioccolata per un secolo intero, migliaia di lavoratori hanno costruito il loro futuro mettendo a disposizione la loro professionalità, hanno condotto lotte per migliorare le loro condizioni sociali e rendere più produttiva l’azienda stessa, come è realmente accaduto .

La Nestlé, se non è in grado di dare continuità a questo impianto industriale, deve cedere l’attività a chi ha interesse di mantenere in vita un ciclo produttivo e dare speranze a tutti i lavoratori che di quel lavoro hanno estremo bisogno.

Perciò sosteniamo con forza l’intervento della politica, delle istituzioni e delle forze sociali

Dobbiamo dire basta a tutto ciò. Il sindacato deve avere la forza e la lungimiranza di guidare questo conflitto e di rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario: “lavorare meno e lavorare tutti”.

Anche per questo serve subito una sinistra che non rincorra cose già viste che l’ hanno portato alla sconfitta e alla scomparsa, ma che si proponga di rilanciare il tema della democrazia e dell’uguaglianza a partire dal lavoro e dai lavoratori, e che stimoli il sindacato a rivendicazioni più radicali attraverso piattaforme che diano centralità alla conflittualità sociale e politica.

È attraverso una dura lotta e grandi sacrifici che la classe lavoratrice ha conquistato diritti e uno spazio egemonico nella società.

Associazione Umbrialeft

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