Il consigliere regionale del Pd Attilio Solinas, tra i punti di riferimento della sinistra del partito; il presidente regionale dell’Ires Cgil Mario Bravi (l’Ires è in pratica l’ufficio studi della Cgil, insieme ad altri importanti figure del sindacato regionale; l’esponente della sinistra Pd Piero Mignini; l’ex segretario regionale del Pd, Lamberto Bottini; Stefano Vinti (ex consigliere regionale e membro dell’assemblea nazionale di Sinistra italiana); il professore universitario Mauro Volpi, già membro del Consiglio superiore della magistratura e tra i principali esponenti dei comitati per il ‘No’ nel referendum costituzionale; esponenti del mondo delle associazioni e, ancora altri personaggi dell’ala bersaniana e dalemiana del Pd. Nella partita anche il socialista Aldo Potenza, che invece era assente ma solo per un impegno a cui non poteva sottrarsi. Parteciperà ai prossimi incontri.

Non è un rassemblement, o almeno non lo è ancora, tantomeno rappresenta il prodromo della nascita di un nuovo partito. Ma certamente l’incontro avvenuto questa mattina a Perugia è un punto importante dell’apertura di un dialogo tra le forze - politiche, sociali, civili – non renziane della sinistra, o meglio delle forze contrarie a quello che culturamente e idealmente, come riferimenti culturali, come ceti sociali di riferimento, come pratica delle alleanze, è il renziano “Partito della Nazione”.

Così l’incontro di Perugia, dove queste forze si sono ‘annusate’ e hanno iniziato a delineare un quadro che definisca un minimo comune denominatore di iniziativa nella società umbra e di impegno di battaglie comuni, sia nel quadro regionale che in quello nazionale. In pratica, è stato un incontro tra esponenti umbri di ‘Consenso’, il movimento lanciato da Massimo D’Alema, ed esponenti del mondo politico, sociale, sindacale e associativo che fa riferimento alla sinistra. Ma si parla anche di attenzione da parte di forze ed esponenti della società civile che non fanno parte della sinistra storica, ma piuttosto del centrosinistra, interessati sia a livello regionale che nazionale a impostare un riformismo che non sia quello di marca renziana, fragile e oligarchico, che rafforzi i pilastri della democrazia invece di cercare di demolirli e rilanci uno sviluppo che sia inclusivo.

Si è parlato di molte cose, sia in riferimento al quadro nazionale, sia a quello regionale, che desta gravi preoccupazioni per un declino dell’Umbria che appare sempre più grave e che è arrivato ad assumere livelli inquietanti e per

la perdita costante di consenso da parte del centrosinistra, oltre al fatto che la maggioranza in Regione non sembra avere spinta propulsiva, come pure fin qui non è parsa averla la giunta Marini.

Due, intanto, i punti di condensazione di queste forze politiche e sociali, che continueranno a vedersi e a interagire: il primo è il comune impegno per far sì che nella nelle elettorale nazionale venga eliminata la norma che garantisce l’elezione dei capilista (ovviamente qualora il partito ottenga almeno un seggio), senza passare attraverso il giudizio degli elettori tramite le preferenze ma semplicemente con la nomina da parte del segretario del partito; il secondo è lo sforzo per la vittoria nel referendum contro il Job act, referendum promosso dalla Cgil e che, dopo il vaglio della Corte costituzionale, riguarda i voucher e la responsabilità negli appalti.

Insomma, in Umbria a sinistra – e non solo nel campo della sinistra storica – qualcosa si sta muovendo e condensando. Movimenti che, sia a livello nazionale, sono da seguire con il massimo interesse. Per il centrosinistra, infatti, la crisi del renzismo e la sconfitta del Partito della Nazione, che sarebbe di fatto nato se al referendum costituzionale avesse vinto il ‘Sì’, aprono spazi e sfide nuove. Spazi e sfide nuove che sono ancora più forti in Umbria, proprio perché il declino della Regione ha assunto aspetti di estrema gravità davanti alla quale la risposta delle istituzioni, governate in gran parte dal centrosinistra, appare inadeguata e non percepita da una larga parte dei cittadini umbri. Inoltre, in Umbria il Pd appare paralizzato dallo scontro tra ‘bocciani’ e Giovani turchi – mariniani, generando un senso di stanchezza, abbandono e deriva senza sbocchi reali, dove la politica appare con la ‘p’ minuscola, braccio di ferro tra nomi e non tra progetti e idee (e con la sola mobilitazione delle rispettive tifoserie interessate a leccare il barattolo di un potere sempre più vuoto), nel sostanziale disinteresse dei cittadini.

 

Un progetto politico, quello che è in nuce in questi incontri, che potrebbe essere capace di influenzare, direttamente e indirettamente, anche la partita che si è aperta nel Pd, dove la strategia renziana del ‘Partito della Nazione’ alla fine ha portato i dem a sbattere contro muro, rischiando – dopo la sconfitta alle elezioni amministrative e quella subita a valanga nel referendum costituzionale – di far letteralmente esplodere (o implodere) il partito.

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