PERUGIA - E' entrato per anni nelle case degli italiani come l'uomo in ammollo della pubblicita', ma Franco Cerri e' "anche" il piu' grande chitarrista jazz italiano. Adesso e' a Umbria Jazz per due concerti e per presentare la sua autobiografia dal titolo "Saro' Franco". Che comincia cosi': "mi chiamo Franco Cerri e faccio del jazz con la chitarra". 

Anche oggi l'ottantottenne jazzman continua a fare con naturalezza le cose di sempre, come insegnare ai ragazzi l'arte delle sei corde e suonare la sua Gibson. Lo fa, da uomo timido quale e', con modestia, tanto che di lui si ricorda come piu' volte ai complimenti dei suoi ammiratori abbia ribattuto di non considerarsi affatto un grande chitarrista, ma, tutt'al piu', il piu' bravo chitarrista del suo palazzo. 

Ironico e leggero, Cerri ha parlato del libro, quindi di se stesso, con grande semplicita'. Come e' semplice la struttura del libro: vi sono raccolti, con l'aiuto di Pierluigi Sassetti, appunti, pensieri, riflessioni sulla  vita del musicista, sui suoi incontri, su una smisurata carriera (Cerri comincio' a
suonare da professionista nel 1945) che lo ha portato a incrociare sul palco mostri sacri come Chet Baker, Gerry Mulligan, Lee Konitz, perfino Billie Holiday. Ma pure Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi e Nicola Arigliano, per restare al panorama nazionale.  

Il libro e' pubblicato da Arcana Musica e comprende anche prefazioni di Pupi Avati, Giampiero Boneschi e Jim Hall, oltre ad un inserto fotografico in bianco e nero.  

 

Alla soglia delle novanta primavere, dunque, Cerri ha voluto regalare al suo pubblico il racconto di alcuni degli avvenimenti piu' curiosi, belli e significativi del suo percorso artistico e umano sotto forma di flash. Ne esce un affresco ricco e policromo di storie e personaggi, sia pubblici che privati, brevi lampi di affettuosa memoria che definiscono un artista che non ha mai perso di vista la dimensione umana del fare musica. Non per niente in uno degli aforismi che compongono ìil libro scrive che "prima del musicista c'e' sempre l'uomo, e senza quello non ci puo' essere musica".
 

E questo spirito lo aiuta, ad 88 anni, ad andare avanti ("non ho alcuna voglia di andare in pensione, che ci faccio in pensione?"). Lo aiuta per la verita' anche il fisico:  "non gioco, non bevo, non fumo, l'unico vizio che ho e' la musica". O meglio, il jazz, "un linguaggio che si distingue per la liberta'
di cui vive".

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