UMBRIA – SANITA’ VERSO IL COLLASSO?
Di Ciuenlai - Chiunque abbia avuto a che fare per problemi seri o necessità urgenti di prestazioni mediche, si sarà reso conto dello stato “comatoso” (l’aggettivo non è mio ma di medico dell’ospedale regionale) del servizio sanitario umbro, che ormai viaggia su livelli più vicini a quelli del sud ,che a quelli del centro – nord. Una realtà che vi racconteremo con le testimonianze dirette di tanti cittadini che mi scrivono, telefonano e segnalano una montagne di disservizi da additare, diciamo subito, non agli addetti ma all’organizzazione generale del sistema.
Così capita che un povero paziente di 88 anni con un attacco cardiaco in corso sia trasportato dal 118 al Pronto soccorso nel primo pomeriggio per uscirne a notte fonda, quando i panettieri hanno già sfornato da tempo le loro baguette croccanti. Succede perché mancano medici e personale e , quei pochi presenti sono appena sufficienti ad occuparsi dei casi disperati e in pericolo di vita.
In sala di attesa c’è chi evoca “i carabinieri”.La risposta è sempre quella “abbiate pazienza” che non è una cura, ma è l’unica cosa che operatori disperati, possono dispensare a mani basse . L’assalto ai pronto soccorsi è notoriamente dovuto all’arretramento e al lento smantellamento delle strutture e delle presenze della medicina di base e del territorio.
Lo confessano gli operatori del 118 che affermano candidamente di trattare non solo le emergenze e di “fare prevalentemente servizio domiciliare di base”. Ma nei reparti ospedalieri non va certo meglio. Sono tanti i cittadini che mi segnalano di essere andati a trovare amici o parenti ed avere trovato “costantemente” malati nei corridoi. C’è chi è più fortunato e trova posto nel ripostiglio del magazzino di qualche clinica. E’ il risultato della cancellazione, per motivi di bilancio, della parola prevenzione.
Avete idea di quella cosa che chiamiamo liste di attesa. Quelle della prenotazioni “a divinis” . Sono lunghe, ma sarebbero lunghissime se gli operatori dei Cup e delle farmacie non usassero un criterio che ne taglia un bel numero. Infatti se la richiesta non ha una indicazione di urgenza del medico curante non viene nemmeno presa in considerazione. Cioè un semplice controllo per qualche anomalia o sintomo non ordinario non fa più parte delle prestazioni del servizio sanitario nazionale? Sembra di si! La parola “controlli” è ormai riservata solo a chi ha già avuto diagnosticate malattie gravi. Riservata ma non certa , perché questi poveri disgraziati debbono perdere ore e ore del loro tempo per trovare una “sistemazione” per la visita successiva. E quando la trovano, come mi segnalano decine di persone, non sempre conviene accettarla.
Esempio classico : Un malato di Perugia viene sbattuto a Spoleto, qualche mese dopo, per fare una risonanza. Quella stessa persona scopre che tra ticket sanitario, la benzina e, data l’ora a cui gli viene dato l’appuntamento, un pasto (se non due se c’è anche un accompagnatore) costa molto di più che andare sottocasa, in un qualsiasi centro medico privato attrezzato per la prestazione, per scoprire che si può fare tutto in giornata e avere il risultato entro poche ore. Stessa cosa se ti capita (e capita spesso) Branca o addirittura Norcia (a quasi 2 ore di macchina dal capoluogo).
E’ una strategia strisciante che dura ormai da decine di anni e che è stata iniziata, è bene dirlo, dalle ultime Giunte a guida PD. Sicuramente l’avvento dell’era Tesei ha velocizzato questa scelta. E all’orizzonte si intravedono altri provvedimenti che potrebbero rendere strutturale e prevalente la presenza del privato nella sanità. “Oggi siamo in una fase – afferma un sindacalista della Cgil – in cui il Governo Regionale sta abituando la gente a questa nuova realtà e a mettere la sanità , tra le spese di famiglia , con il finanziamento periodico di prestazioni al bisogno e/o la sottoscrizione di assicurazioni che coprono le emergenze più costose.
Se prima eravamo di fronte ad un piano di integrazione tra pubblico e privato, oggi, con il centrodestra, parliamo di una netta scelta di campo a favore del privato”. E lo smantellamento del già contestato concetto di integrazione tra le due realtà potrebbe trovare una sua prima applicazione in un ventilato provvedimento di cui parla apertamente anche il capogruppo del PD in Consiglio Regionale Simona Meloni. Si tratta della denuncia della presunta volontà della Giunta Tesei di ridurre del 30% gli stanziamenti riservati alle convenzioni con le strutture private.
In presenza di una situazione nella quale il pubblico è assolutamente incapace di dare risposte adeguate a molte richieste dell’utenza, il taglio costituirebbe, in pratica, un ulteriore e drastico ridimensionamento del servizio pubblico sanitario universale. Ma non finisce qui. Dicevamo che manca personale , ma potrebbe mancarne ancora di più. Solo nell’Ospedale Regionale, nei prossimi due anni, è previsto il pensionamento di decine e decine di medici e di operatori sanitari di varie specializzazioni. Al momento non c’è alcun piano per sostituirli. La “diaspora” non farà altro che aumentare i disagi con liste di attesa “a risposta biblica”, con reparti nei quali i letti nei corridoi saranno considerati la normalità e Pronto soccorsi che inevitabilmente si trasformeranno in “Lento soccorsi”.
E’ un caso che centri medici e pluriambulatori siano spuntati e continuano a spuntare come funghi? E’ un caso che da diverse parti si parla di nuove cliniche private? Non so per voi ma per me non è un caso.
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