PERUGIA - Orfeo Goracci, consigliere di Prc-Fds e vice presidente del Coniglio regionale, con una interrogazione alla Giunta chied spiegazioni sulle preannunciate soppressioni degli Ati e sollecita l'esecutivo ad adeguare leggi e regolamenti regionali alla volontà popolare che con il Referendum ha espresso un inequivocabile no alla privatizzazione dell’acqua, auspicando un chiaro ritorno alla gestione pubblica”. Per Goracci è legittimo e perfino inevitabile che migliaia di cittadini umbri si ribellino alla pesante imposizione, unilaterale ed economicamente inaccettabile, voluta da Umbra Acque anche in relazione all'esito del Referendum.

“Migliaia i cittadini umbri stanno inviando alla Società Umbra Acque la comunicazione con cui si rifiutano di pagare la gabella del deposito cauzionale: solo a Gubbio in 400 si sono rivolti al nostro partito per compilare ed inviare il modulo”.

Lo sostiene Orfeo Goracci, consigliere di Prc-Fds e vice presidente del Coniglio regionale, in una interrogazione alla Giunta nella quale si chiedono spiegazioni sulle preannunciate soppressioni degli Ati, e si sollecita a “procedere il più celermente possibile e senza indugi ad adeguare leggi e regolamenti regionali alla volontà popolare che con il Referendum ha espresso un inequivocabile no alla privatizzazione dell’acqua, auspicando un chiaro ritorno alla gestione pubblica”.

Goracci, fortemente critico con la scelta di Umbra Acque di pretendere il pagamento del deposito, “nonostante i segnali di forte contrarietà manifestati da ampi settori della società civile, della politica e perfino
delle istituzioni”, si dice preoccupato per il contenzioso aperto con i cittadini e nel merito osserva: “ Quando il giudice viene chiamato a dirimere questioni di rilevanza sociale possiamo star certi che qualcosa non funziona più”.

Il vece presidente del Consiglio Goracci se la prende in particolare con “la pervicacia della dirigenza della società Umbra Acque di argomentare la legittimità della richiesta in base ad una norma contrattuale, sostenibile in un rapporto commerciale tra pari, ma non, come nel caso dell’acqua, per un servizio di primaria importanza sociale gestito privatamente, ma da un'azienda, prevalentemente pubblica, con i cittadini che sono tali prima di esser clienti”.

Dopo aver chiamato in causa “la latitanza della politica, la complicità di molti livelli istituzionali e le debolezze dei Comuni che hanno contribuito a generare questa situazione in cui i soci privati, nonostante il Referendum hanno ancora un utile assicurato del 7 per cento sugli investimenti”, Goracci afferma, “è legittimo e perfino inevitabile che il cittadino si ribelli ad una pesante imposizione, unilaterale ed economicamenteinaccettabile e smisurata: Umbra Acque sa benissimo che i cittadini che si rifiutano di versare la cauzione sono quelli che normalmente pagano, gli stessi che hanno votato al referendum di giugno contro la privatizzazione dell’acqua”.

Sulla base “dell'enorme successo dei Referendum del 12-13 giugno 2011 con 27 milioni di voti di cittadini che hanno scelto una gestione pubblica del servizio idrico”, Goracci sollecita alla Regione di tradurne l'esito, “in nuove normative che realizzino una gestione pubblica del bene comune acqua che coniughi trasparenza, efficienza, democrazia, solidarietà”. Nel merito afferma che “l’attuazione del dettato dei Referendum deve partire dalla proposta di legge di iniziativa popolare sostenuta da più di 400mila firme e depositata in Parlamento da ben quattro anni perché rappresenta la volontà degli stessi soggetti che hanno vinto i Referendum di considerare l'acqua un bene comune”. Goracci ricorda infine che: “La Commissione speciale per le Riforme dello Statuto del Consiglio regionale dell’Umbria sta discutendo la proposta di modifica avanzata dal gruppo consiliare di Prc-Fds che afferma per l’acqua gli elementi e le definizioni qualificanti ed inderogabili della tutela, di bene comune e l’esclusione della finalità del profitto su questa risorsa”.

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