Treofan: quando il logico diventa paradossalmente illogico
Tutte le vicende hanno svariate sfaccettature e in base ai soggetti che ne parlano vengono
sottolineati e messi in risalto alcuni aspetti rispetto ad altri.
In queste settimane abbiamo letto molte dichiarazioni, come d'altronde lo abbiamo fatto anche nei
mesi scorsi.
La vertenza Treofan ha raggiunto una notevole rilevanza mediatica, questo soprattutto grazie a chi
si è sempre battuto per un solo obiettivo: garantire un futuro lavorativo passando attraverso la
valorizzazione delle professionalità.
Da sempre abbiamo creduto che l'informazione, la condivisione degli intenti con i lavoratori siano
alla base di tutto, così ci siamo mossi e ci continueremo a muovere. Ecco perché abbiamo scelto di
uscire oggi; prima abbiamo preferito confrontarci con chi rappresentiamo e sulla scorta di questo
sottolineeremo gli aspetti che riteniamo essere più importanti e il cardine per una ricostruzione
obiettiva della vertenza Treofan.
Nel dicembre 2018, quando per la prima volta ci recammo al MiSE e venne presentato il cosiddetto
piano industriale da parte del management Treofan/Jindal, all'uscita da quella riunione
manifestammo, da subito, le nostre perplessità: come si può pensare di valorizzare un sito nel
tempo, prevedendo solo un milione e mezzo di euro di investimenti l'anno quando, a mala pena,
queste cifre sarebbero bastate a copertura delle manutenzioni ordinarie?? Cifre che poi non furono
neanche spese. Per noi le volontà erano chiare, ma da molti venimmo tacciati di essere "gli uccelli
del malaugurio". Nel frattempo il sito di Battipaglia veniva chiuso.
Iniziarono per il sito di Terni periodi incerti, vissuti alla giornata, senza avere prospettive, tutto
faceva pensare ad un epilogo già segnato, ma in molti continuavano a nascondere la testa sotto la
sabbia e il tempo trascorreva.
Il management Treofan/Jindal, assoluto responsabile dell'andamento della vertenza, iniziò a mettere
in atto ciò che in qualsiasi vicenda verrebbe letto come un campanello d'allarme: si iniziarono a
spostare gli ordini sugli altri siti del gruppo con l'intento di svuotare lo stabilimento ternano, man
mano, fino a lasciarlo senza produzioni e clienti. Ma arrivò la pandemia e allora lo stabilimento
servì e servì molto, tanto da portare i lavoratori a dover fare molte ore di straordinario e a ricevere
anche un premio per il servizio svolto durante il lockdown. Ci fu un ulteriore inghippo per
l'attuazione celere dei piani del management Treofan/Jindal: alcune produzioni peculiari dello
stabilimento di Terni non si riuscivano correttamente ad eseguire negli altri stabilimenti e quindi per
garantire le forniture ai clienti fu necessario riportare alcune produzioni a Terni.
Guardando il susseguirsi degli eventi fu oggettivamente chiaro il disegno e lo scopo finale, ma per
alcuni evidentemente non era così palese... le facce di una stessa medaglia.
Arrivarono le contestazioni, lo sciopero, la trasferta a Battipaglia con lo scopo di "bloccare" lo
spostamento dei macchinari, importante baluardo per garantire la continuità produttiva allo
stabilimento di Terni. Sì, la continuità produttiva, perché noi eravamo consapevoli delle volontà del
management Treofan/Jindal, tanto è vero che lo denunciammo in ogni momento e in ogni
occasione.
Gli impegni presi dall'azienda nell'accordo del 10 agosto 2020 non vennero rispettati, si
continuarono a far uscire prodotti finiti, ma non si spostarono gli ordini relativi alle produzioni
qualitative di Terni e nel contempo si utilizzò lo strumento della cassa Covid, non essendo il Covid
la causa della crisi produttiva della fabbrica, ma le scelte scellerate di un A.D. (sottolineiamo
tedesco e non indiano) cui spettano le responsabilità di aver attuato il piano.
E poi, come se nulla fosse, arrivò la lettera della messa in liquidazione della Treofan Italy all'interno
della quale, come avvenuto per tutto il percorso, si continuavano a dichiarare cose assolutamente
false, negando azioni fatte alla luce del sole.
Iniziò la trattativa con il liquidatore; le organizzazioni sindacali depositarono una diffida rispetto i
contenuti della lettera per la messa in liquidazione della società. La trattativa per noi continuava ad
avere come obiettivo primario la garanzia di un futuro lavorativo passando attraverso tutti gli
strumenti necessari al sostegno delle maestranze.
Dal MiSE venimmo a conoscenza che tutti gli interessamenti manifestati ruotavano intorno ai
macchinari ed è per questo che si cercò di garantirne la permanenza nello stabilimento e la
possibilità di utilizzo degli stessi, solo ed esclusivamente per avere garanzie di celere ripresa e
quindi di lavoro; d'altronde, in questi casi, bisogna muoversi sulla scorta di quanto c'è di reale e
concreto, non ci si può sicuramente basare su promesse vaghe e poco chiare.
Quando ci sembrò di aver trovato dei punti d'incontro con il liquidatore, tutto precipitò di nuovo e
subentrò nella trattativa un rappresentante del Management Treofan/Jindal, Deepak Jane, riportando
la trattativa stessa molto indietro, spingendo molti a concentrarsi sugli strumenti, che ribadiamo
essere necessari, ma mettendo così un pò in secondo piano quello che per noi è sempre stato e sarà
l'obbiettivo primario: il lavoro.
Concludiamo con degli interrogativi che rivolgiamo alle istituzioni tutte.
Il comunicato stampa della Guardia di Finanza avvalora quanto da noi denunciato da tempo;
crediamo che venga attestata la falsità delle dichiarazioni del management Treofan/Jindal e in
particolare di Manfred Kaufmann, relative allo spostamento degli ordini su altri siti; lo stesso ha più
volte, nel tempo, negato questi spostamenti in riunioni ministeriali e anche durante gli accertamenti
fatti dalla Regione Puglia in merito ai supporti pubblici erogati per il sito di Brindisi.
Gli organi competenti hanno attestato alcune gravi irregolarità, è logico domandarsi cosa intendono
fare le istituzioni in merito. Si permetterà a chi ha beffato più volte il nostro Paese di farla franca o
si perseguiranno anche istituzionalmente questi soggetti??
Crediamo che i lavoratori abbiano bisogno di un sostegno economico, ma un conto è trovare gli
strumenti idonei al supporto delle maestranze, un conto è pensare di concedere ammortizzatori
sociali senza perseguire i colpevoli.
E poi, veniamo al nostro cruccio primario: il lavoro. Chiediamo alle istituzioni tutte che venga fatta
chiarezza e che ci sia una concretizzazione rispetto le varie dichiarazioni rilasciate anche a mezzo
stampa.
Non si possono lasciare le persone nell'incertezza lavorativa nascondendosi dietro l'eventuale tempo
a disposizione per progettare. C'è necessità di muoversi con i numeri alla mano e di disegnare
percorsi volti sì allo sviluppo del Polo Chimico di Terni che noi abbiamo sempre auspicato, ma con
il primario obiettivo della ricollocazione dei lavoratori Treofan ed abbiamo l'esigenza di capire
concretamente come si intende dare garanzie su questo aspetto.
D'altronde questa vertenza passerà alla storia perché tutto quanto di più logico è diventato
paradossalmente illogico.
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