La tragedia di San Giustino: il dolore è appena iniziato (di Giampiero Tasso)
Il dolore non finisce mai. Le quattro giovani vite spezzate continuano a generarlo, dopo la morte, a ricordare quella mancanza, quel dolore senza fine sono i funerali di quelle vite che si sono spente insieme contro la spalletta del ponte sul rettineo che porta a San Giustino. Quattro giovani vite bruciate in un soffio. Quattro anime che sono andate insieme e ignare verso la morte. Quella che doveva essere festa e allegria è diventata luto e dolore.
Il mio direttore quando si raccontava al TG di un incidente stradale ricordava sempre che noi giormalisti cercavamo le cause e non il significato di quelle morti. Un tempo si partiva di corsa per andare a filmare l'incidente per riportare le immagini dell'ennesima tragedia. Ci impose "niente più immagini, niente più riprese dolorose di morti sull'asfalto". Bastava raccontarle. Non capivo il perchè, anche se devo amettere che mi disgustava profondamente andare a filmare un incidente stradale. Lui un giorno, a tu per tu, me lo spiegò, semplice e asciutto, distaccato e consapevole che mi doveva una risposta. "Perchè il dolore non lo si può raccontare in un TG all'ora di cena, perchè il dolore non deve essere protagonista del mio telegiornale, perchè aggiungiamo il dolore ineluttabile per i genitori che piangono la scomparsa di un figlio o di un loro caro, sbattendo in TV i morti".
Aveva ragione, sacrosanta. Lui parlava e a me tornavano in mente le immagini dell'ultimo incidente che eravamo andati a filmare. E45, svincolo per Marsciano. Non c'era l'uscita a quel tempo lontano, con le rampe, non c'era il new jersey di cemento che faceva da spartitraffico. L'auto con 5 ragazze a bordo, una 128, era ferma per svoltare verso Marsciano e un TIR che arrivava a tutta velocità prese in pieno la vettura trascinandola per un centinaio di metri. I corpi di alcune ragazze erano stai sbalzati fuori e stesi sull'asfalto, coperti da lenzuoli bianchi. Arrivò un padre di una di quelle ragazze a riconoscere il corpo.
La Polizia Stradale gli fece vedere uno ad uno i corpi massacrati e per quattro volte quell'uomio disse: no, non è mia figlia.
Non so se dentro di lui crescesse la fiducia che sua figlia non fosse stata a bordo o se si fosse legato alla speranza che tutti si sbagliavano, che fpsse un sogno, un'aberrazione surreale. L'ultima ragazza coperta dal lenzuolo di morte era sua figlia. Le grida, lo strazio, le lacrime, la disperazione non potrò più dimenticarla. Quella scena è' restata sottopelle e rorna fuori anche adesso, immaginando il dolore dei genitori nel riconoscere quei corpi senza vita.
Potevo scrivere il pezzo prima, subito dopo la tragedia. Ci ho pensato parecchio prima di farlo, prima di decidermi a farlo per ricordare il dolore e con la speranza che le mie parole servano di conforto ai genitori o a semplici amici o conoscenti o possano servire perchè non accadano ancora. Posso solo immaginare il dolore di quei genitori, posso solo sentire un brivido terribile lungo la schiena a pensare che può accadere a chiunque, in ogni moento della vita, a me, a te che stai leggendo a mille altri ancora che conosciamo. Credetemi il dolore non lo si può raccontare, puoi vederlo espresso dagli altri, sentire come di avvolge l'emozione di quel dolore, ma non puoi raccontarlo.
Che sia dolore silenzioso di chi condivide il momento. Non le cause ma il dolore, quel dolore che non finisce mai e che è appena iniziato.
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