Nel silenzio generale, senza discussioni, il Senato ha approvato in prima lettura il Fiscal Compact e il Mes: 215 i si (Pd, Pdl, Udc), 24 gli astenuti (Idv) e 24 i no (Lega e l’Idv Lannutti). Unico dissidente democratico Vincenzi Vita. I trattati passano alla Camera per il via libera definitivo. Approvato nel Consiglio europeo del 2 marzo da tutti gli Stati UE tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca, il fiscal compact finora è stato approvato da tutti i parlamenti nazionali e l’unica remora all’entrata in vigore è la sentenza della Corte Costituzionale tedesca di Karlsruhe attesa a fine mese.

Come è noto. La Germania pretese due paletti di merito molto significativi: senza il si al fiscal compact e senza il pareggio di bilancio nella Costituzione, nessun Paese in difficoltà può chiedere gli aiuti europei del Mes. Condizione di merito, invece, è l’obbligo a rispettare impegni sanguinosi sul debito.
Per quanto riguarda l’Italia, il nostro Paese finora si è impegnato al pareggio di bilancio nel 2012 e alla riduzione del debito pubblico al 113% del Pil nel 2014.

In generale, però, il fiscal compact obbliga i 25 Paesi al pareggio strutturale di bilancio e a ridurre di un ventesimo ogni anno la quota di debito pubblico superiore al 60% stabilito a Maastricht. Si tratta di una cifra mostruosa: per 20 anni qualsiasi governo italiano dovrà tagliare 40/50 miliardi di spesa all’anno (per capirci, la “spending review di Monti taglia “solo 26 miliardi in tre anni). Il rispetto degli impegni e forti sanzioni sono chiesti dalla Corte di Giustizia europea in Lussemburgo. La politica economica e fiscale di un paese inadempiente, di fatto, passerà automaticamente alla Commissione Europea. Il trattato entrerà in vigore il 1° gennaio 2013.

Fonte: Il Manifesto
      

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