Uno spettro s’aggira per l’Appennino: l’accordo di programma sulla Merloni
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Facciamo dunque il punto. La prima novità che è stata annunciata nei giorni scorsi senza battere ciglio istituzionale, politico o sindacale è che sul piatto delle risorse impegnabili nella concretizzazione dell’Accordo di programma sottoscritto da Governo e Regioni per l’area della crisi Merloni ci saranno solo 30 milioni di euro, non più i 35 milioni sbandierati fin qui e già sottoposti ad una drastica riduzione rispetto a quei cinquanta promessi all’inizio della lunga vertenza.
Nonostante la crisi economica dell’Appennino si sia estesa a tutti i settori produttivi non lasciando indenne alcuna impresa, nonostante l’emergenza occupazionale incalzi, si diffonda e veda oramai centinaia di giovani e meno giovani in condizioni di lunga disoccupazione, lavoro sottopagato, cassa integrazione e precarietà assoluta, nonostante l’inconsistenza dello stesso piano industriale dell’azienda in parte subentrata alla Merloni, nonostante l’apertura di ulteriori e più pesanti vertenze come nel caso della Faber, le risorse sono state taglieggiate nell’indifferenza e nel silenzio generale, anziché essere integrate e rese effettivamente disponibili, così come sarebbe stato giusto e doveroso.
La seconda novità annunciata è quella secondo cui sembrerebbe che nel panorama produttivo ed industriale della nostra Regione non vi siano imprese disponibili, interessate, sufficientemente dimensionate o più semplicemente capaci a disegnare e ad intraprendere progetti di reindustrializzazione, di riconversione economica o di diversificazione produttiva nell’area della ex Merloni, pur in presenza di una possibilità eccezionale come quella offerta dallo stanziamento delle risorse per l’Accordo di programma. In questo caso, da una parte si confermerebbe la fragilità e l’inadeguatezza del sistema locale e nazionale delle imprese ad investire, anche con l’aiuto pubblico, in progetti industriali possibilmente innovativi, cosa che studi analitici e statistiche scientifiche ci descrivono oramai minuziosamente un giorno sì e l’altro pure e che rappresenta bene, molto più delle retoriche sull’articolo 18, uno dei motivi più veri, più profondi e strutturali della crisi dell’economia reale, della crescita che non riparte ed oggi della recessione in cui “tecnicamente” si attesta l’Italia; dall’altra, però, si rischia di entrare non nel campo più appropriato di una necessaria ed inevitabile politica industriale, bensì in quello più etereo dei corpi celesti mostrati a quei barbagianni che saremmo tutti noi.
Non è dato sapere come si sia giunti ad una conclusione come questa: nel caso delle misure previste nell’accordo di programma, non ci pare infatti di ricordare che non si siano mai tecnicamente ed operativamente definiti e predisposti dei percorsi per inquadrare, sollecitare, valutare e selezionare le eventuali manifestazioni imprenditoriali di interesse (ma non solo, anche cooperative per esempio) per la reindustrializzazione, la riconversione o la diversificazione produttiva nell’area della crisi Merloni.
Non era e non è certo sufficiente dire che ci sono svariati milioni di euro per attendersi una lunga fila di imprese socialmente responsabili ed effettivamente capaci di intraprendere nuovi, complessi ed impegnativi investimenti, non nell’attuale situazione, non senza una politica industriale attiva che chiarisca indirizzi ed obiettivi di sviluppo, che definisca percorsi e tempistiche intelligibili nella concretizzazione degli interventi, che proceda con modalità operative trasparenti e determinate, che intraprenda azioni reali di promozione, di facilitazione e di sondaggio delle disponibilità o che, perché no?, si sostituisca addirittura all’imprenditoria privata nel caso in cui si chiarisca che essa non sia più in grado di fare il suo mestiere. E’ per questo che prima di giungere a questa conclusione e a questo punto così morto, vorremmo sapere se, ed eventualmente come, sono state prodotte azioni al riguardo nei confronti delle imprese o delle loro rappresentanze da parte del Ministero dello sviluppo economico o di Invitalia, della stessa Regione dell’Umbria o del suo braccio operativo Sviluppumbria, quali sono state le difficoltà incontrate, quali le strategie e gli indirizzi di politica industriale, quali le misure pensate, concretamente predisposte ed effettivamente offerte.
In assenza di risposte, dovremmo credere che quest’Accordo di programma tante volte sbandierato sia poco più di un fantasma. Sul piano politico, per quello che era nelle nostre possibilità, come Sinistra per Gualdo, crediamo di aver fatto tutto ciò che deve spettare alla politica fare, esercitando appieno la sua funzione di progetto, indirizzo, sollecitazione: già nell’assemblea del novembre 2010 avevamo puntualmente richiamato alla necessità di predisporre un piano per la riconversione di quell’azienda già chiaramente decotta e dell’intera economia del territorio proprio contando sulle risorse dell’Accordo di programma, sperando che esso fosse recepito tra i suoi obiettivi fondamentali e coinvolgendo, come si ricorderà, l’intero novero delle forze politiche, istituzionali, economiche e sociali del territorio. L’abbiamo rilanciato nell’iniziativa Economia, energia ed ecologia: le vere sfide per Gualdo cercando sponda e disponibilità alla riflessione ed al confronto in Angelantoni, quale presidente vicario di Confindustria Umbria e quale imprenditore innovativo impegnato nella green economy. Ed abbiamo più recentemente e con forza sollecitato l’accoglimento delle iniziative più innovative su cui la nostra Città e l’intero territorio si stanno mobilitando.
Il consiglio comunale sulla crisi della fascia appenninica convocato a Fossato di Vico deve essere l’occasione per rilanciare la necessità e l’urgenza di riempire di contenuti progettuali effettivi e di concretizzare finalmente l’accordo di programma, così come di ripristinarne ed integrarne le risorse economiche. Sarebbe un bene che in questa occasione non manchi la voce di Confindustria, da sempre latitante nella vicenda della Merloni ed ora così impegnata ad assecondare e coprire le decisioni della Faber/Franke. Sarebbe infine un bene che anche la Regione dell’Umbria batta un colpo deciso in questa direzione. E’ da questo punto di vista che una svolta netta sulla questione morale farebbe riacquistare tutta la lucidità necessaria al governo regionale nell’affrontare adeguatamente e senza più ritardi la crisi economica e la questione sociale.
Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini
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