LA SPARIZIONE DI EMANUELA ORLANDI
di Ida Dominijanni
Per anni e anni non ho seguito la vicenda della sparizione di Emanuela Orlandi. Mi sembrava un intrigo con troppe piste e troppi depistaggi perché potessi ambire a destreggiarmici dentro in qualche modo. Mi ci sono appassionata solo negli ultimi tempi, grazie alle ricostruzioni di Andrea Purgatori in Atlantide. E soprattutto nelle ultime settimane, in seguito ai nuovi elementi, inquietantissimi, acquisiti dal fratello di Emanuela e dalla sua avvocata. Così oggi, per completare l'opera, ho visto la serie Netflix, bruttina per il montaggio e gli effettacci sparsi qua e là ma molto utile nel riassumere fatti, indizi, piste attendibili e inattendibili. Non che adesso sia in grado di esprimermi a favore di questa o quell'altra ipotesi, salvo che mi paiono clamorosamente evidenti le responsabilità del Vaticano , quantomeno – quantomeno – nell'aver taciuto ciò che invece sa. Ma la cosa che mi ha colpita è un'altra - tanto più che ho visto la serie Netflix dopo che, ieri sera, avevo rivisto in Tv HAbemus Papam, di cui lo stesso Moretti disse all'epoca che si trattava, al fondo, di un film sulla fine del patriarcato. La cosa che mi colpisce dunque è che tanto per cambiare ci troviamo di fronte allo scenario di un'istituzione patriarcale – la Chiesa in questo caso, ma non diversamente dai capi di stato e di governo che abbiamo visto nell'ultimo decennio - che scivola su una perversione sessuale - la pedofilia nel caso della Chiesa, il sesso-mercato in altri casi. E tanto per cambiare sono le testimonianze femminili a far venirlo venir fuori, tardi - come in altri casi - perché le testimoni femminili hanno bisogno di tempo per superare la paura di non essere ritenute credibili. Aspetto sempre che siano le storiche del futuro a unire i puntini di questa fenomenologia di una crisi che attanaglia insieme il patriarcato e il potere pubblico, laico e religioso.
Fonte: Facebook
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