Tre anni di processo per stabilire che è stata legittima difesa: i due carabinieri e la guardia giurata spararano per difendersi. Tre anni di perizie balistiche, di indagini, sopralluoghi, testimonianze e alla fine i tre imputati sono stati assolti dall'omicidio del pregiudicato albanese, colpito alla testa durante la fuga e dopo essere stato sorpreso dalle forze dell'ordine mentre raziava, con altri due complici, una tabaccheria nella frazione perugina di Ponte Felcino.
La ricostruzione durante il processo ha permesso di stabilire, con sicurezza, come sono andate le cose: l'intrusione nella tabaccheria, l'arrivo di carabinieri e guardia giurata, la fuga con il malloppo a bordo di un'auto rubata, i militari che intimano l'alt e i banditi che tentano di investirli per garantirsi la fuga.
In pochi secondi sono stati esplosi 14 colpi di pistola, uno di questi ha trapassato il lunotto posteriore della vettura dei fuggitivi, colpendo alla testa l'albanese, abbandonato, senza vita, dentro l'auto nei pressi della stagione di Ponte Felcino con la refurtiva.
I carabinieri non solo spararono per difendersi, ma con l'intenzione di fermare l'auto e non con una traiettoria che potesse creare ferite agli occupanti. Una tragica fatalità che è costata la vita ad uno dei tre banditi, quello che viaggiava nel  sedile posteriore.
Secondo il pm Pucci, i militari hanno sparato per «la necessità di difendersi dal pericolo, in quella fase costituito dal rischio di investimento della guardia giurata», dopo aver «più volte intimato l’alt» per poi trovarsi a fare conti coi banditi che, «pur di aprirsi un varco per la fuga, hanno compiuto manovre violente e pericolose, con almeno due speronamenti contro la Panda della guardia giurata e percorrendo traiettorie tali da mettere in pericolo anche l’incolumità fisica» dello stesso vigilante.

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