di La libertà è un colpo di tacco
Si corre spesso il rischio di immedesimarsi un po’ troppo, nei personaggi di cui si scrive. Succede agli scrittori bravi, figuriamoci ai dopolavoristi come Ric… Ti immedesimi nella figura che vuoi descrivere, che sia Silvio Pellico o Luigi XIV; Beethoven e in Galileo Galilei. E alla fine, ne entri un po’ dentro; parteggi per loro, al diavolo l’obbiettività… tempo fa lessi una biografia di Stalin, e ne usciva fuori un ritratto addirittura vezzoso: alla fine, l’autore aveva fatto emergere un uomo un filino disturbato, ma con una sua moralità. Severo, ma giusto.
Lo pensavo oggi, che ricorre l'anniversario dalla morte di Socrates. Il personaggio chiave del “Colpo di tacco”, l’architrave della mia piccola favola che non è –ribadisco- la storia della Democracia Corinthiana (quella l’hanno scritta altri, e con talento e cognizioni maggiori delle mie), bensì una storia che ha nel football il suo sfondo ideale per parlare di giustizia e di libertà. Di amicizia e di valori che si condividono.
Socrates, in Italia, è stata la classica meteora (per questo, forse, la Gazzetta non gli ha dedicato spazio). Uno di quei “fenomeni parastatali” che hanno fatto la fortuna della Gialappa’s band in fortunate trasmissioni televisive. Ma quando entri dentro al personaggio, ne scavi in profondità, ti rendi conto di aver a che fare con qualcosa di misterioso e di originale. Di un esemplare non riproducibile che con il calcio (o per come siamo abituati a vivere il calcio adesso) ha poco a che vedere.
E’ il calciatore che parla del football come del “microcosmo felice nel macrocosmo spesso infelice delle vite degli uomini” (definizione folgorante, se ci pensate bene), che adopera il suo talento e la sua visibilità per dare corpo e voce a cose da niente, quali la libertà, l’emancipazione, o il sogno di una vita migliore. E’ l’uomo, ormai consumato, che muore in un ospedale di provincia rinunciando ai privilegi che il suo status gli avrebbe probabilmente consentito, ma che si guardò bene dal chiedere, in omaggio ad una coerenza che non può lasciare indifferenti.
Il suo Corinthians vinse il Paulista. Nello stesso giorno della sua morte, e i calciatori a centrocampo con il pugno chiuso che danno l’ultimo saluto a “O Doutor” è una delle immagini più struggenti che si ricordi… E una perfetta coincidenza, perché morire in un giorno di sole, una domenica, mentre il Timao diventa campione, era il suo ultimo desiderio.
Ma io, a questa storiella molto brasileira e un po’ strappalacrime confesso di non crederci più di tanto… Perché Socrates era un sognatore, d’accordo. Ma prima di tutto era un uomo con il senso delle cose : che quando si impegnava nelle battaglie lo faceva per roba concreta. Scuole, istruzione, ospedali, leggi a favore dei più poveri.
Era un sognatore, ma con i piedi per terra ed una visione molto “politica” dei problemi. Utilizzava se stesso, e il suo essere campione, per risolvere i problemi…. Non vi aggiungeva né parole nè fumo
E’ stato un gran personaggio, Socrates.
Altrochè se lo è stato.
E io sono onorato di averlo avuto illustre ospite nelle mie piccole pagine.
Ti sia lieve la terra, Doutor.
 

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