PERUGIA – Il micidiale combinato disposto di due disgrazie naturali, uno dei quali del tutto imprevedibile (il terremoto), l’altro parzialmente annunciato nella sua portata (un’eccezionale ondata di gelo e le eccezionali nevicate che hanno coperto le macerie provocate dalla prima), hanno colpito duramente le martoriate aree sismiche del Centro della nostra penisola, tanto da farci credere che sarà assai difficile ristabilire il perfetto equilibrio ambiente-economia montana sul quale si è basato per secoli un modo di vivere unico, una civiltà che ha prodotto  bellezza e cultura e che disperiamo possano essere totalmente recuperato.

Tanto pessimismo ci viene rafforzato dal rendersi sempre più evidente una terza ed ancora più distruttiva sciagura che ci rende ancora più pessimisti sulle possibilità di ripresa di questi splendidi territori: una sciagura che chiameremo “riformismo istituzionale” e che ha spuntato la capacità di agire di quegli organi statuali che erano delegati a soddisfare le accresciute esigenze assistenziali avvertite dalle popolazioni in periodi tanto critici.

Ci riferiamo, per accennarne alcune, alle Province, letteralmente cancellate, di fatto, dal riformismo renziano che le ha ormai ridotte a inutili simulacri di ciò che erano, privandole di risorse e del personale necessario per assicurare la manutenzione delle strade e quella  tempestività di intervento di cui si avverte forte la mancanza.

Pernicioso riformismo istituzionale che ha cancellato anche il Corpo Forestale dello Stato e che ha tenuto a terra elicotteri che sarebbero stati preziosi per assicurare una maggiore efficacia nelle azioni di soccorso alle popolazioni.

Riformismo istituzionale cervellotico che oggi “giustifica” le uscite populiste di Salvini e di alcuni esponenti del M5S, tanto da far esclamare, ad un disorientato sindaco di Foligno e attuale presidente “nominato” della Provincia di Perugia, dopo l’esito pasticciato della riunione della Commissione Grandi Rischi: “Ora ci dicano cosa fare!”.

E.P.

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