PERUGIA – “Prevedere l'apertura dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) a livello regionale (contrario il rappresentante dell'Ugl Polizia “perché non risolutivo”), indubbiamente meno costosi e più efficaci rispetto al carcere; perseguire la strategia del rimpatrio nel proprio paese di origine per l'extracomunitario clandestino; Il valore dell'accoglienza e dell'integrazione deve sempre e comunque sposarsi con il rispetto delle regole”.

 

E ancora, “l'altissimo numero di spacciatori è sicuramente legato alla sempre più alta richiesta di sostanze stupefacenti, ma anche alla certezza dell'impunità. Sotto la cenere stanno comunque prendendo vita altre forme di fenomeni legati alla criminalità organizzata”. Sono alcuni passaggi, tra i più significativi, emersi stamani nel corso della riunione della Commissione d'inchiesta 'Analisi dei fenomeni di criminalità organizzata e dipendenze' (più comunemente conosciuta come Commissione Antimafia e Tossicodipendenze) alla quale, su invito del presidente Paolo Brutti hanno partecipato rappresentanti di alcuni, tra i più rappresentativi, sindacati di Polizia (Siulp, Sap, Ugl, Consap).

 

Nel corso dell'incontro in cui si è parlato dei problemi connessi allo spaccio e al consumo di stupefacenti, al trattamento e all'espulsione degli spacciatori extracomunitari e ai fenomeni di infiltrazione mafiosa, in considerazione che il 90 per cento degli spacciatori di piazza sono tunisini, e che dalla Tunisia partono ragazzi, spesso facendo indebitare la famiglia è emerso che, tra le risposte da mettere in campo per combattere il fenomeno, potrebbe esserci quella di prevedere un Consolato della Tunisia di stanza a Perugia.

 

INTERVENTI:
MASSIMO PICI (Siulp): “È inutile prevedere il carcere per il clandestino, perché quando esce rimarrà nella stessa condizione. Va invece subito rimpatriato. Per questo, anche in Umbria è auspicabile l'apertura di un Cie, anche perché si tratta di una struttura che costerebbe, alla comunità, molto meno rispetto al carcere. Togliendo i clandestini al mercato dello spaccio, il 90 per cento dei quali sono tunisini, è una delle soluzioni, seppure parziali, per combattere il fenomeno. Le  organizzazioni che gestiscono lo spaccio sono per lo più nigeriane ed albanesi. È fondamentale che il principio di accoglienza si sposi sempre con il rispetto delle regole. Oggi, la forbice del consumatore si è molto allargata”.
 

MASSIMO GRANOCCHIA (Ugl Polizia): “Da sempre siamo contrari all'apertura di un Cie in Umbria perché non rappresenta la soluzione al preoccupante fenomeno che interessa Perugia. Il Cie potrebbe diventare positivo solo per il primo periodo, poi assumerebbe i connotati di un ulteriore degrado perché potrebbe diventare punto di riferimento anche per territorio extra regionali. La soluzione sarebbe quella di affidare ad ogni Cie specifiche competenze territoriali prevedendoli nelle città sedi diplomatiche. È chiara la necessità di accorciare i tempi di espulsione”.
 

FABIO TRISTAINO (Sap): “Nonostante le ristrettezze economiche con le quali oggi dobbiamo convivere è necessario intervenire con la massima urgenza su questo tipo di fenomeno per non rischiare di allargare la problematica. Ben venga un Cie, attraverso però una programmazione nazionale. La prima cosa da fare è comunque quella di stabilire la ripartizione dei posti, da valutare sui problemi specifici della città, per l'espulsione dei clandestini. È necessario intervenire per rallentare il più possibile l'azione delle organizzazioni che gestiscono il traffico e lo spaccio della droga. Spesso c'è troppa distanza tra chi vive direttamente i problemi legati a questo fenomeno e chi è chiamato a gestirli. Le strutture di cui oggi disponiamo vanno utilizzate al meglio”.
 

ANTONIO ERRICO (Consap): “Pensiamo che un'importante risposta al fenomeno sia quella di creare i Cie in ogni regione. Per sgravare il problema delle carceri basterebbe  addirittura portare i clandestini in stato di detenzione a scontare la pena nei loro paesi di origine anche pagando il loro mantenimento. Costerebbero circa la metà rispetto a quanto ci costano in Italia. È necessario trovare il modo per obbligare i loro paesi di origine a riprenderseli. In proposito è auspicabile una rivisitazione del nostro sistema giudiziario”.
 

ROBERTO ROSCIOLI (Siulp): “Dalla Tunisia arrivano a Perugia giovani con grandi miraggi e che magari, per affrontare il viaggio, fanno indebitare le loro famiglie, convinti che poi, qui, riusciranno a 'fare i soldi' seppure con attività illecite. Ma a fronte di 100 che arrivano soltanto due o tre riusciranno nell'intento. La maggior parte di loro finisce a fare bassa manovalanza e spesso, loro stessi, diventano tossicodipendenti. Ma per non ammettere il loro fallimento rimangono comunque in Italia. Per questo è necessario interloquire con le autorità di Tunisi e spiegare che la maggior parte di quei ragazzi diventerà vittima delle stesse organizzazioni. In Umbria, nel corso degli anni sonio state messe in campo molteplici forme di repressione che hanno portato ad un altissimo numero di arresti”.

 

A margine dell'incontro, il presidente Paolo Brutti ha rimarcato come dall'audizione emerga “un'immagine che accresce ulteriormente la preoccupazione sullo stato dell'ordine pubblico, della sicurezza e quindi del consumo e dello spaccio di droga nella città di Perugia. Abbiamo comunque appurato – ha aggiunto - che le Forze dell'ordine ci sono, stanno sul pezzo, ma sono preoccupate quanto noi per l'evolversi del fenomeno. Stanno comunque agendo attraverso l'individuazione di importanti strategie che avrebbero però bisogno del supporto delle autorità governative. Sono necessari mezzi e strumenti necessari per l'identificazione e l'espulsione dei soggetti trattenuti. Perché se questi vengono rimessi sulla strada ogni azione messa in campo non produce esiti positivi”.

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