di Elio Clero Bertoldi
"La bottega dei sogni" - così avevo battezzato nei momenti bui, la squadra del Perugia apparentemente chiusa quando il distacco dalla capolista, si era fatto pesantissimo - ha dischiuso i battenti, pur senza spalancarli. E l’augurio é che, nelle prossime giornate, possa aprirli ancora di più in modo che il sogno si realizzi in maniera concreta e definitiva.
Resta, comunque, il merito di Fabio Caserta, cocciuto come un mulo ("tètu comme une bourrique", per dirla con Prevert), che ha continuato a credere ed a predicare - "vox clamantis in deserto", quasi - che i giochi non fossero ancora chiusi e che lui per primo ed i suoi giocatori a seguire, avessero non solo il diritto ma persino l’obbligo di continuare a tenere ostinatamente accesa la fiammella di quella che ai più sembrava una flebile e troppo ottimistica speranza. 
Chissà che il tecnico calabrese non si sia ispirato, per tenere a pié fermo la sua posizione - nonostante lo scetticismo generale, che ha portato molti tifosi, in precedenza fiduciosi e riconoscenti, se non ammirati, nei confronti del mister, a vivisezionarlo impietosamente per scovare qualche neo velato, qualche deficienza celata, qualche errore palese o nascosto, operazione ingenerosa in alcuni casi in quanto non teneva conto delle emergenze e delle difficoltà oggettive che il tecnico é stato costretto ad affrontare e risolvere, più o meno bene (nessuno é perfetto) - al detto di Tertulliano del “credo quia absurdum” (credo perché assurdo).
Il “barutolo” nel quale é incappato il Padova ha rispalancato le porte all’ottimismo, all'idea che i sogni - qualche volta, certo - si possono realizzare. Ed ora l’ambiente é tornato sui suoi passi e si é fatto affascinare, di nuovo, dall’entusiasmo. É un bene che questo zefiro si sia levato e che carezzi appassionati ed osservatori, ma sia chiaro: la strada davanti ai biancorossi é ancora "selvaggia, ed aspra e forte“ come la selva dantesca. Tuttavia le possibilità statistiche di un colpo di coda positivo della squadra umbra, sono aumentate in maniera considerevole. I patavini, rimasti fermi a 70 punti, avvertono adesso sul collo il respiro del Sudtirol (a quota 68) e del Perugia (a 67). Tre punti di distacco in quattro gare rimangono sempre tanti, ma non impossibili da colmare. Tanto più che i veneti hanno mostrato qualche segno di nervosismo e di tensione, dovuto forse ad un logorio mentale legato alla strenua difesa del primo posto. Come un ciclista che lancia la volata troppo presto e che, negli ultimi metri, avverte l’affanno dello sforzo e teme di vedersi superato e beffato sul filo di lana, tanto da piantarsi sui pedali. É avvenuto molte volte, potrebbe accadere anche stavolta.
Vanta, dunque, solide ragioni Caserta, a ripetere che il Perugia deve guardare, preoccuparsi e curare il proprio orticello e, fuor di metafora, vincere le prossime quattro gare: Triestina in casa,  Ravenna fuori, Matelica al Curi, Feralpisalò in Lombardia.
Il tutto mentre i patavini dovranno vedersela col Gubbio tra le proprie mura, col Modena in trasferta, col Carpi ancora fuori, con la Samb in casa. Un altro scivolone coi modenesi e coi carpigiani potrebbe anche starci (gli eugubini, purtroppo, nelle ultime uscite sembrano essersi di colpo sgonfiati).
Gli alto atesini, dal canto loro, dovranno misurarsi con la Virtus Verona in Tirolo, con la Triestina in trasferta, col Cesena di nuovo in casa e, infine, con la Vis Pesaro nelle Marche.
La Triestina, pertanto, potrebbe assurgere al ruolo di giudice inappellabile: ha impallinato l’attuale leader e, nelle prossime due giornate, misurerà al Curi la forza degli umbri e ospiterà, poi, immediatamente dopo, il Sudtirol per verificarne, sul terreno di gioco, il vigore e le ambizioni. 
Nessuno conosce il futuro, per cui non resta che aspettare la prova del campo. Magari con un pizzico di apertura di fiducia in più nei confronti di Caserta - sempre pacato ed umile, ma che conosce il suo mestiere - e dei suoi ragazzi, che potrebbero davvero trasformarsi, all’ultimo tuffo, nei cavalieri che compirono l’impresa.
 

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