Si allarga la forbice tra ricchi e poveri
Roberto Tesi - il manifesto
Cresce la disuguaglianza: per Bankitalia il 50% delle famiglie ha meno del 10% della ricchezza
Il 45% della ricchezza complessiva delle famiglie italiane alla fine del 2008 era in mano al 10% delle famiglie. Lo afferma Bankitalia nel rapporto su «La Ricchezza delle famiglie italiane». La metà delle famiglie italiane - quelle a basso reddito - deteneva invece solo il 10% della ricchezza complessiva. C'è, inoltre un 3,2% delle famiglie caratterizzata da «ricchezza netta negativa». In altre parole i debiti superano la ricchezza. Si tratta, oltretutto, di una percentuale in netta crescita: nel 2000 era all'1,8% e nel 2006 al 2,7% a conferma di un progressivo indebitamento.
Ma c'è di più: nel primo semestre del 2010, sempre secondo via Nazionale, la ricchezza netta delle famiglie è diminuita dello 0,3% in termini nominali, tornando ai livelli del 2005. Nel confronto internazionale le famiglie italiane risultano poco indebitate; alla fine del 2008 l'ammontare dei debiti era stato pari al 78% del reddito disponibile lordo: in Germania e in Francia risultava pari a circa del 100%, negli Stati Uniti e in Giappone era al 130%. Il 41% dei debiti delle famiglie italiane è rappresentato dai mutui per l'acquisto della casa: alla fine del 2009 i debiti in mutui per acquistare una abitazione ammontavano a circa 350 miliardi di euro. I numeri confermano anche che la povertà è in lenta e graduale crescita e che tra il 2007 e il 2008 la ricchezza è scesa del 3,5% a prezzi correnti e del 6,5% a prezzi costanti.
La ricchezza si concentra dunque in poche mani. Tanto che Bankitalia scrive: «Molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza mentre all'opposto poche dispongono di una ricchezza elevata». Nel 2009, ad esempio, anno di profonda crisi, la ricchezza delle famiglie risulta cresciuta di circa l'1,1% grazie ai risultati positivi delle attività finanziarie (+2,4%). In termini reali, l'aumento della ricchezza complessiva rispetto alla fine del 2008 è stato dell'1,3% (più di 100 miliardi di euro del 2009). La ricchezza lorda in numeri assoluti è stimabile in circa 9.448 miliardi, quella netta a 8.600 miliardi, corrispondenti a circa 350 mila euro in media per famiglia.
«La concentrazione della ricchezza nelle mani di poche famiglie non è solo una un'offesa al senso di giustizia e alla coesione sociale, ma rappresenta oggettivamente un ostacolo alle prospettive di crescita», afferma il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero commentando i dati di Bankitalia. Che spiega: la questione della redistribuzione si rivela cruciale non solamente per un'esigenza di giustizia nei confronti dei più poveri, ma anche per una questione di sviluppo. Le forti concentrazioni di ricchezza non favoriscono infatti gli investimenti, quanto piuttosto la rendita. Restituire invece le risorse economiche alle famiglie del ceto medio ridarebbe slancio ai consumi e fiducia al Paese». «Si fa sempre più urgente - conclude il presidente delle Acli - il varo di una riforma fiscale che favorisca le esigenze di spesa reali delle famiglie italiane, a partire da quelle monoreddito e numerose. Ed una nuova politica dei redditi che non scarichi i costi della crisi su quanti vivono con un reddito fisso».
Tornando ai dati Bankitalia, dal raffronto internazionale emerge che le famiglie italiane sono in media tra le più ricche al mondo. A fine 2008, la ricchezza netta delle famiglie era pari a 7,8 volte il reddito disponibile lordo, in linea con quello della Francia (7,5) e del Regno Unito (7,7), lievemente superiore a quello del Giappone (7), e significativamente superiore a quello del Canada (5,4) e degli Stati Uniti (4,8). Le attività reali detenute alla fine del 2008 dalle famiglie italiane erano pari a 5,4 volte il reddito disponibile, un valore di poco inferiore a quello della Francia (5,7), in linea con quello del Regno Unito (5,2), ma superiore a quello di Usa (2,2), Canada (3,3) e Giappone (3,4). L'Italia conferma la maggiore propensione all'investimento immobiliare, che riflette tra l'altro una struttura del sistema produttivo che vede la preponderanza delle microimprese familiari, per le quali gli immobili sono anche capitale d'impresa. Decisamente minore, anche in rapporto agli altri paesi, l'investimento in attività finanziarie.
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