ROMA - Ricerca tecnologica e brevetto italiano per le buste biodegradabili piu' reperibili sul mercato, quelle derivanti dall'amido, con cui consumatori e i titolari di esercizi commerciali dovranno prendere confidenza, dopo lo stop alle buste di plastica. ''Le buste biodegradabili, brevettate da un'azienda di Novara e prodotte ad oggi in 200 mila tonnellate a Terni - dice Mario Malinconico, dirigente di ricerca sulla chimica e le tecnologie dei polimeri dell'Ictp-Cnr a Pozzuoli - consentono il riutilizzo per piu' volte, reggono differenze termiche fino a 50 gradi, e quelle di ultima generazione sono cosi' impermeabili da superare la prova-pioggia. Tuttavia, dopo circa sei mesi, sono 'a rischio strappo'.

Derivando dall'amido si comportano come la pizza, col tempo si seccano. E irrigidendosi, tendono a divenire fragili e a degradarsi. ''La normativa non lo prevede al momento, ma sulle buste biodegradabili - aggiunge l'esperto del Cnr - andrebbero indicate data di fabbricazione e di scadenza, per garantire il consumatore, che tendera' a riutilizzarle''. ''Da solo l'amido, pero' - continua Malinconico, non e' in grado di soddisfare tutta la domanda del Paese, e anche se il potenziale produttivo e' moltiplicabile per 10 rispetto agli stock attuali, non si vuole innescare su un territorio agricolo limitato come quello italiano una guerra tra colture food e no-food''.

''Il prezzo degli shopper biodegradabili e' attualmente superiore del 30%-40% a quelli di plastica, ma la maggiore presenza sul mercato dovrebbe riallineare i costi per gli esercenti. Serve comunque - dice il dirigente del Cnr di Pozzuoli - un'integrazione con le buste di carta, gia' oggi in buona parte derivanti dal riciclo, da trattate magari con uno strato di polimero biodegradabile, che ne migliori la resistenza all'umidità e la resistenza allo strappo, vero problema della carta''.
 

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