Ha fatto caso che la candidatura di Gianpiero Bocci alla segreteria regionale del Pd arrivi sul piatto dell’intesa raggiunta tra lo stesso Bocci e la presidente della Regione, Catiuscia Marini. Un’intesa raggiunta per contrastare la candidatura di Walter Verini, che senza Bocci avrebbe avuto la partita in tasca e che, ha promesso, se dovesse vincere aprirà il Pd e metterà in un angolo le correnti.

Si può quindi pensare che a ispirare la reazione bocciomariniana sia stata proprio la difesa delle proprie correnti strutturate – per quanto al loro interno variegate, in particolare quella della Marini – difendendo quindi in Umbria il potere interno e, per quello che rimane, esterno. E certamente questo è uno dei motivi della ‘strana alleanza’ tra una ‘strana coppia’. Ma non basta a spiegare un’alleanza che, se si guarda a quanto avvenuto in questi anni, appare al limite del ‘contro natura’, anche tenendo conto dello tsunami elettorale del 4 marzo (il centrodestra ha vinto nettamente tutti e 5 i collegi dal maggioritario) e della perdita a raffica di Comuni nella regione, dove la bandiera del centrosinistra è stata ammainata, a cominciare dai due capoluoghi di provincia, Perugia e, da ultimo, Terni.

 

Se eletto alla segretaria regionale del Pd, Bocci cosa farà con la Regione? Le quattro ipotesi, di cui vera appare la quarta

 

Bocci, negli ultimi anni, è stato il critico più severo con la conduzione della Regione. Si è arrivati perfino a una mezza crisi, con le dimissioni dell’assessore regionale, alla Sanità, poi ricomposta alla bell’e meglio. E non è un mistero che, se Bocci criticava duramente la gestione Marini della Regione (lo ha fatto anche in primavera, riunendo i fedelissimi dopo la sconfitta elettorale subita che gli ha impedito di tornare in Parlamento, usando parole durissime contro la gestione Marini di Palazzo Donini), era - con la stessa moneta - ricambiato da quest’ultima. Che tra l’altro, insieme all’ex deputato Giampiero Giulietti e a Giacomo Leonelli (che però ha sempre negato, affermando che la sua candidatura nel collegio di Perugia-Trasimeno è stata una scelta della segreteria nazionale, su cui lui non ha influito), avrebbe premuto sul nazionale perché Bocci non fosse candidato nel collegio Perugia-Trasimeno (dove il sottosegretario uscente valutava di avere chances di vittoria e dove aveva politicamente lavorato in questo senso) ma altrove. E così poi è stato.

Senza contare la famosa cena, seguita alla venuta di Renzi al Capitini a Perugia per la campagna elettorale del 4 marzo, in cui il segretario nazionale, Marini, Giulietti e Leonelli (sarebbe stato presente anche un notissimo imprenditore) non avrebbero stabilito il nome del prossimo candidato del Pd a presidente della Regione, ma avrebbero deciso chi non lo sarebbe certamente stato: Bocci, appunto. Una cena, però, indigesta, travolta dal risultato elettorale del 4 marzo e dalla conseguente crisi del Pd.

Insomma, per tutti questi anni è andata in onda continuamente – fino a diventare perfino noiosa – la tenzone Bocci e Marini e poi i due fanno un’alleanza per portare uno dei contendenti alla segretaria regionale del Pd?

Non potendo immaginare che né Marini né Bocci abbiano cambiato idea l’uno sull’altra, l’alleanza significa allora alcune cose, apre scenari e determina delle conseguenze.

1) Bocci, se diventerà segretario regionale del partito sulla base dell’accordo con la galassia Marini, avrà certamente difficoltà a sparare a palle incatenate contro la gestione della Regione. Senza dubbio potrà avanzare critiche, suggerimenti, ma di certo non potrà essere più un’alternativa secca, netta, a questa gestione. Se, quindi, Bocci avesse ancora in testa di candidarsi a presidente di Palazzo Donini, tra un anno e mezzo, non ci arriverà più come un simbolo di alternativa, ma di sostanziale continuità. Il centrodestra e il M5S avranno buon gioco ad affermare che, in un anno e mezzo, non ha esercitato un ruolo di deciso contrasto verso la Regione e che quindi la sua promessa di cambiamento non è credibile. E presentarsi oggi in sostanziale continuità con l’attuale giunta regionale è certificazione matematica di sicura sconfitta.

 

2) Oppure, ma è la strategia meno probabile dell’ex sottosegretario, Bocci punta ad incassare il sostegno per arrivare alla segretaria regionale per poi, al momento opportuno, sparigliare le carte e rompere l’intesa, in modo da arrivare ‘vergine’ alla candidatura a presidente della Regione. Ma certo la sua immagine ne risentirebbe, il partito entrerebbe in un’altra fase di ‘notti dei lunghi coltelli’ fino a far franare tutto.

3) La spiegazione che, al momento, appare la più convincente è invece un’altra. Bocci, vedendo la mal parata elettorale, al momento ha rinunciato alla candidatura a presidente della Regione e quindi i problemi dei punti 1 e 2 non si pongono. Ma allora dove punta? E, con lui, dove punta la Marini?

4) La conseguenza del punto 3 è che i due potrebbero aver trovato un’intesa per tornare parlamentare l’uno e diventare parlamentare l’altra. Con il controllo della segretaria regionale – ma qui occorrerà vedere i risultati delle primarie e la forza di Verini – è chiaro che la ‘strana coppia’ avrà non poche carte da giocare al momento della scelta delle candidature per il Parlamento nazionale (tanto più che non sono escludibili elezioni anticipate, anche il prossimo maggio, anzi).

E allora, lasciando perdere le candidature al maggioritario che il Pd rischia di riperdere tutte, dove sono i posti sicuri? Nel proporzionale. E come si fa ad essere eletti nel proporzionale? Visto che l’attuale legge elettorale non prevede preferenze (e anche se Lega e M5S dovessero cambiare la legge elettorale è quasi certo che le preferenze non torneranno) basta essere al primo posto della lista. Ipotizzando i tre seggi che il Pd ha preso in Umbria il 4 marzo basta quindi che Bocci sia il primo della lista del Pd alla Camera e la Marini la prima al Senato, o l’inverso. Il terzo posto può essere lasciato a un candidato indicato dal Pd nazionale o ad altri. Con il controllo della segreteria regionale (al netto di quello che accadrà nel Pd a livello nazionale, per ora ignoto a tutti) questo scenario è molto più realizzabile rispetto ad uno dove non ci fosse la ‘strana alleanza’.

E il rinnovamento del Pd, cogliendo i segnali ripetutamente e pesantemente inviati dall’elettorato umbro? Ma via, qualcuno ci hanno creduto? L’unico rinnovamento possibile nei partiti di oggi lo fanno gli elettori, assestando batoste elettorali fino a che l’offerta politica non cambia. Dall’interno dei partiti il vero rinnovamento è praticamente impossibile. Anzi, più – come nel caso del Pd – l’acqua si riduce, più i gestori del potere interno lo presidiano. Anche, appunto, ‘contro natura’.

I retroscena

Permettete il racconto di qualche piccolo retroscena, saputo attraverso il racconto di alcuni dirigenti Pd e che riportiamo per dovere di cronaca.

Nel noto incontro di Roma tra Bocci e la Marini, di cui alcuni organi di stampa hanno addirittura fornito i dettagli su come i due erano vestiti, le cose sarebbero andate diversamente da come finora è trapelato. La base della discussione fu sì una sorta di “facciamo qualcosa, qui viene giù tutto”, ma non fu lì che venne realizzata l’intesa per la candidatura di Bocci alla segreteria regionale Pd. La Marini, infatti, nella sostanza avrebbe detto a Bocci che era disponibile ad appoggiare uno del suo gruppo per la segretaria regionale in chiave anti Verini, ma che questa persona non poteva essere lo stesso Bocci, per tutta una serie di motivi (tra cui la forte esposizione contro la gestione della Regione targata Marini). La Marini avrebbe fatto due nomi: la presidente del consiglio regionale, Donatella Porzi, e l’assessore regionale alla Sanità, Luca Barberini. Due ‘bocciani’ di ferro. Bocci ha accettato di sondarli, ma entrambi si sono sottratti, perché avrebbero dovuto rinunciare agli incarichi che oggi hanno (anzi, uno dei due avrebbe accettato, ma a patto di conservare l’incarico, cosa evidentemente impossibile).

A questo punto, sempre secondo i dirigenti Pd interpellati, la Marini sarebbe entrata in panne, perché non voleva la candidatura di Bocci. Ma sono entrati in campo personaggi della corrente di cui fa parte la presidente (quella che a livello nazionale fa riferimento ad Orfini), due consiglieri regionali e un ex parlamentare, che hanno fatto sapere a Bocci che la presidente la pensasse come vuole, ma che loro erano d’accordo, visti i ‘no’ di Porzi e Barberini, a che Bocci scendesse direttamente in campo. Affermando anche di parlare a nome di altri della corrente.

Insomma, la Marini è rimasta isolata e alla fine ha dovuto piegare la testa e accodarsi. D’altronde, era in gioco anche il suo futuro e, come si sa, “Parigi val bene una messa”.

Strani segnali

Per ultimo, alcuni segnali emblematici. Il sindaco di Foligno, Nando Mismetti, che stava raccogliendo le firme per la candidatura di Verini, ha virato sulla candidatura Bocci (c’è forse la promessa di una buona candidatura alle prossime regionali?). E invece il sindaco di Gualdo Cattaneo, Andrea Pensi, che correva alla segretaria regionale con l’assessore di Castiglione del Lago, Simona Meloni, alla fine si è ritirato, attestandosi su una posizione più vicina alle posizioni di Verini. Nella partita c’è anche Giacomo Leonelli, che sosteneva la candidatura Pensi-Meloni.

Ma sono solo le prime avvisaglie di spostamenti in arrivo.

Il lago del Pd che fu in Umbria al momento si è ridotto ad un grosso stagno. A nuotare in un lago c’è posto per tutti, in uno grosso stagno no. Le gomitate non si contano.

Intanto, per la presidenza della Regione c’è chi sta costruendo una candidatura forte, fuori dallo ‘stagno’. E che sarebbe una buona, se non ottima, candidatura. Ma qui non possiamo dire di più. Abbiamo giurato la consegna del silenzio. E quando si giura, si giura (anche i giornalisti hanno un’anima).

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