Mons. Giuseppe Chiaretti ha scritto una bella e importante pagina della storia della Chiesa da trasmettere alle future generazioni (una nota biografica approfondita e sul suo episcopato perugino-pievese è consultabile al link: http://diocesi.perugia.it/vescovo-emerito/).

È stato un infaticabile pastore nel guidare il suo gregge in un lungo cammino caratterizzato dalla “nuova evangelizzazione” per la quale tanto si è prodigato, fondata sulla carità e sulla missione, oltre che sull’annuncio della Parola. Grande studioso e uomo di elevato spessore culturale, ha saputo trasmettere la fede anche attraverso la promozione e la valorizzazione dell’arte, della storia e della cultura in generale. È stato, soprattutto, un pastore profetico se si riflette sulla stagione sinodale intrapresa oggi dalla Chiesa. Nel 2006, quando indisse il Sinodo diocesano, scrisse: “Il Sinodo avvia i sacerdoti, religiosi e laici in un cammino insieme, che sia vera missione tra i cristiani e di confronto-dialogo con i ‘distanti’… Non è un esame di tutta la vita della diocesi nella sua ripartizione classica di catechesi-liturgia-carità, ma solo una puntualizzazione sulla dimensione missionaria della nostra Chiesa in rapporto all’evangelizzazione”.

L’immagine che ritrae mons. Chiaretti inginocchiato in piazza IV Novembre di Perugia, mentre soccorre un uomo svenuto a causa di un malore, testimonia, più che molti scritti e documenti, il suo essere uomo e pastore attento al prossimo sofferente sia nel corpo che nello spirito. Anche l’insegnamento del “buon samaritano” nella vita di tutti i giorni ha caratterizzato il suo lungo ministero episcopale iniziato il 7 aprile 1983, con la nomina a vescovo delle diocesi unite aeque principaliter di Montalto e di Ripatransone-San Benedetto del Tronto; nomina ricevuta dodici giorni prima il compimento del 50° anno di età. È stato consacrato vescovo dal cardinale Sebastiano Baggio, nella cattedrale di Spoleto, il 15 maggio 1983, ed è stato il primo vescovo della nuova diocesi di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, eretta da Giovanni Paolo II con decreto del 30 settembre 1986, restando sempre molto legato a questa comunità diocesana marchigiana. Ha concluso il suo ministero episcopale a Perugia, il 16 luglio 2009, giorno in cui papa Benedetto XVI ha accettato le sue dimissioni per raggiunti limiti d’età nominando suo successore mons. Gualtiero Bassetti. Fino all’insediamento di quest’ultimo, avvenuto il 4 ottobre 2009, è stato amministratore apostolico dell’Archidiocesi. L’episcopato perugino-pievese di mons. Chiaretti è iniziato il 28 gennaio 1996, giorno del suo ingresso in diocesi dopo essere stato promosso da papa Giovanni Paolo II, il 9 dicembre 1995, alla sede arcivescovile metropolitana di Perugia-Città della Pieve, ricevendo dallo stesso pontefice il palio di metropolita, nella Basilica di San Pietro, il 29 giugno 1996.

Forte in lui è stato sempre il senso di appartenenza alla Chiesa umbra, della quale è stato al suo timone, in qualità di presidente della Conferenza episcopale umbra (Ceu), dal 2004 al 2009, e dal 2005 al 2009 vice presidente della Cei, eletto al primo scrutinio a questo incarico dai vescovi italiani. Mons. Chiaretti, pur essendo nato a Leonessa (Ri) il 19 aprile 1933, si è sempre sentito umbro e spoletino, e quando gli è stata conferita la cittadinanza onoraria della città del Festival dei Due Mondi ha commentato: «ringrazio ma io mi sento spoletino ed umbro da sempre». Al tempo del giovane Chiaretti la parrocchia di Leonessa faceva parte dell’Arcidiocesi di Spoleto e dopo essere stato ordinato sacerdote dall’arcivescovo Raffaele Mario Radossi, l’8 dicembre 1955, a seguito del compimento degli studi teologici presso il Pontificio Seminario regionale umbro “Pio XI” di Assisi, don Giuseppe è stato prima parroco in varie comunità del territorio spoletino e poi vicario generale dell’Arcidiocesi dal 1977 alla sua elezione a vescovo.

Il suo è stato l’episcopato più lungo degli arcivescovi di Perugia del periodo post-secondo conflitto mondiale ad oggi (è durato quasi 14 anni), ma anche quello in cui si sono svolti alcuni dei più significativi eventi di carattere religioso, culturale e sociale. In qualità di presidente, prima del Segretariato per l’Ecumenismo e il dialogo interreligioso (1995-2000), poi dell’omonima Commissione Cei (2000-2004), mons. Chiaretti ha promosso il Primo Convegno ecumenico nazionale su “Il Padre Nostro” (Perugia-Assisi, 12-15 aprile 1999), che ha visto la partecipazione dei rappresentanti degli uffici per l’Ecumenismo delle Diocesi italiane e delle confessioni ortodosse e protestanti presenti nel Paese.

A questo significativo evento, ripreso anche da importanti media nazionali, sono seguiti altri di importanza e crescita ecclesiale locale. Basti pensare alla celebrazione del IV Congresso eucaristico diocesano (2-19 settembre 1999), dedicato al tema “Senza il giorno del Signore non possiamo vivere”, tenutosi a quasi sessantenni di distanza dal precedente (1941), agli eventi diocesani del Grande Giubileo dell’anno 2000, alle celebrazioni del centenario della morte di Papa Leone XIII (1903-2003) con due importanti convegni di studi filosofici e storici di spessore internazionale, alla Visita Pastorale alle comunità parrocchiali dell’Archidiocesi, svoltasi dal 2001 al 2005, che ha portato mons. Chiaretti ad indire il Sinodo diocesano (2006-2008) dopo più di sessanta anni dal precedente (1942), i cui temi (presbiteri, famiglia, giovani, cultura cristiana) «hanno – come ha evidenziato mons. Chiaretti nella presentazione del Documento sinodale – un denominatore operativo comune: “nuova evangelizzazione”. Su questo “denominatore operativo comune” il presule si è sempre molto soffermato dando il via al Sinodo diocesano a conclusione della Visita pastorale secondo le indicazioni date da Giovanni Paolo II a conclusione della sua visita a Perugia il 26 ottobre 1986: nuova evangelizzazione nelle e delle parrocchie, famiglie, giovani, mondo della cultura. L’intero magistero di papa Wojtyla è stato per mons. Chiaretti il suo “faro” di riferimento; non è un caso che l’arcivescovo perugino abbia fatto erigere un monumento in onore del Papa presso il nuovo complesso ospedaliero della città in ricordo della sua visita a Perugia e del suo grande insegnamento nell’abbracciare la sofferenza.

Il 4 ottobre 2009, con l’ingresso in diocesi del successore, si ritira a “vita privata” a Foligno, città dove vivrà insieme alla sorella, la signora Piera, partecipando, periodicamente, agli eventi-ricorrenze più significativi della Chiesa perugino-pievese fino a quando la salute glielo ha consentito. Nel periodo folignate ritorna ad occuparsi dei suoi studi e delle sue ricerche di carattere storico, relazionando i suoi elaborati ad incontri e convegni. Tra le sue ultime pubblicazioni si ricorda quella dal titolo: Leber memorialis. Tragico 7 aprile 1944 a Leonessa. Antologia resistenziale leonessana nel 72° anniversario di quelle stragi (Leonessa 2016). Si tratta di un libro che mons. Chiaretti ha voluto dedicare ai 23 martiri suoi concittadini, tra cui il congiunto don Concenzio Chiaretti, trucidati dai nazisti in ritirata; una vicenda che ha segnato la vita sacerdotale dell’arcivescovo emerito, i cui contenuti sono stati anticipati dallo stesso in un interessante articolo pubblicato dal quotidiano Avvenire (9 dicembre 2014) dal titolo: Leonessa, la strage del Venerdì Santo. Di seguito si riporta la parte iniziale di questo articolo con cui si conclude la presente nota dedicata all’undicesimo arcivescovo di Perugia da quando papa Leone XIII ha elevato la Chiesa perugina ad Arcidiocesi (1882). «Ripenso all’urlo di sua madre, la "Marona", entrata nella chiesa di Santa Maria dove don Concezio stava facendo – in quel Venerdì santo 1944 – la tradizionale coroncina in onore dell’Addolorata nell’altare ad essa dedicato: “Fiju, scappa! Te vau cerchénno li tedeschi!” (“Scappa, figlio, i tedeschi ti stanno cercando!”). Io, chierichetto di 11 anni, c’ero e ricordo tutto di quei giorni: la strage di civili perpetrata a Leonessa (Rieti) 13 giorni dopo quella delle Fosse Ardeatine, 23 uccisi tutti insieme il 7 aprile 1944, alle ore 15. Non sono più molti, ormai, quelli che ricordano l’eccidio e le urla di dolore di quel venerdì santo; io quel giorno c’ero, e non posso dimenticare».

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