di Adriana Pollice 

«Il Servizio sanitario nazionale non è soltanto strutture e servizi, è soprattutto capitale umano. Senza i professionisti non è possibile assicurare la tutela della salute. Per questo siamo impegnati ad affrontare il problema della carenza di personale, specialmente nei pronto soccorso»: sono le parole del ministro Schillaci diffuse in video ieri. Segue poi l’elenco degli aumenti stanziati per il fonda sanitario nella legge di bilancio. Il ministro, però, si è scordato di aggiungere che il finanziamento si calcola rispetto al Pil, un rapporto che cala fino al 6,1% nel 2025, sotto la soglia minima del 6,6 stabilita dall’Oms. Cinque punti sotto la media Ue.

I sindacati che hanno protestato il 15 dicembre hanno annunciato la prosecuzione delle mobilitazioni: «La manovra approdata alla Camera con una cornucopia di 35 miliardi riserva briciole alla sanità pubblica e al personale, segnale della cecità del governo difronte al baratro. I 2 miliardi aggiunti al Fondo sanitario sono destinati in gran parte alle bollette, non ai servizi né al personale. Se la manovra è il manifesto del nuovo esecutivo, la sanità pubblica è esclusa come i suoi dipendenti, sospinti alla fuga verso le Partite iva».

E ancora: «Pochi interventi spot per farmacie, i sempre omaggiati policlinici universitari, le borse di studio dei medici di medicina generale e il bonus psicologo. Unico punto qualificante è l’estensione del periodo utile per la stabilizzazione dei precari. Per tutti gli altri tentativi di tagli alle pensioni per fare cassa. Nessun finanziamento per le assunzioni né per il contratto nazionale 2019-2021, i cui incrementi sono un terzo del tasso inflattivo, o per quello 2022-2024. Continui rinvii degli interventi economici per la sopravvivenza dei Pronto soccorso».

La conclusione: «La spesa privata ha toccato i 60 miliardi, 7 famiglie su 10 si impoveriscono a causa delle spese per la salute. Il cambiamento che si prepara per il Ssn rischia di essere quello dalla vita alla morte, sotto il peso della carenza di risorse professionali, di un federalismo che sconta l’aumento delle diseguaglianze. Non basteranno le bandierine politiche a colmare la lunghezza delle liste di attesa o rendere invisibili le barelle nei Ps, trasformati in affollati reparti di degenza. Lo scenario che ci attende è la crescita delle diseguaglianze con i ricchi che potranno scegliere e i poveri sempre più soli».

Andrea Filippi, segretario nazionale Fp Cgil medici: «Nella manovra non c’è niente per la sanità, solo fondi per il caro bollette, farmaci e vaccini. Nulla per un vero potenziamento del fondo sanitario e nulla per il personale. Non c’è nessuna possibilità di rilanciare il Ssn se non si sblocca il tetto di spesa su assunzioni e salario accessorio, una mannaia che nessun governo dal 2008 in poi ha avuto il buon senso di eliminare. Viene fatto passare come un problema di sostenibilità economica ma è un trucco che impedisce la funzione universalistica della sanità così come prevista nella legge istitutiva del 1978. Sembra proprio esserci una volontà politica di definanziare il pubblico a favore dell’esternalizzazione dei servizi, dell’impresa e del profitto».

Inevitabili nuove proteste: «Proseguiremo la mobilitazione sempre più radicale e radicata sul territorio. Se vogliamo salvare i bisogni di salute e l’offerta sanitaria è necessario costruire una mobilitazione larga e lunga. Il servizio è tracollato, non siamo più in grado di salvare la vita alle persone, senza personale entrano in crisi i servizi di emergenza urgenza e questo porterà a uno scollamento sociale del paese».

Pubblicato da Il Manifesto

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