La sanità, tra Governo e Regione (di Federico Di Bartolo)
Non si può parlare della gravissima crisi del Servizio sanitario umbro prescindendo da una considerazione preliminare: l’urgenza di una vertenza nazionale, sociale e politica, per un suo finanziamento adeguato. Nella legge di bilancio del Governo questa misura non è stata presa in considerazione.
Tutti sappiamo da anni che il SSN è considerato uno dei migliori al mondo per qualità ed efficienza, infatti, il livello di spesa è molto inferiore a quella di molti Paesi europei.
In Umbria ciò che appare in modo evidente sono le spinte verso la privatizzazione che si intrecciano con una programmazione contraddittoria e sostanzialmente inadeguata per orientare un sistema articolato e complesso come il SSR. Malgrado il dato di partenza della legislatura consegnasse un sistema di buona qualità e in equilibrio finanziario, come affermato congiuntamente in occasione della stipula del Memorandum Regione-Università agli inizi del 2020 si è giunti, pur riconoscendo le difficoltà del Covid, a 220 milioni di debito per l’anno corrente.
Nonostante le risorse consumate non si è registrata nessuna operazione, ad esempio, di stabilizzazione significativa del personale, che versa in grave disagio. Dai conti delle aziende relativi agli anni 2019-2021 traspare una inefficienza operativa di tipo strutturale poiché sono cresciuti di 107 milioni di euro i trasferimenti alle aziende, mentre vi sono meno 25 milioni di ricavi derivanti dalle diminuite prestazioni, mentre contestualmente aumentano di 63 milioni le spese per beni, servizi e personale. Quindi meno prestazioni e più spesa per i fattori produttivi rispetto agli esercizi precedenti.
Per la spesa farmaceutica è stato conseguito uno sfondamento del tetto pari a 57 milioni nel 2021, ma ancora più pesante è la proiezione del 2022 nonostante l’istituzione dal mese di luglio 2021 di una apposita cabina di regia regionale, che ha proposto di risolvere il deficit scaricandolo sui cittadini. E’ evidente che questi meccanismi di forte centralizzazione, come le cabine di regia, non sono in grado di esercitare un controllo efficace tanto che negli ultimi 15 mesi di attività l’andamento della spesa farmaceutica ha subito una vera e propria impennata.
Grandi criticità si registrano nel rapporto con l’Università proprio in virtù di un protocollo nel quale, in contrasto con le norme nazionali, si esenta l’Università da qualunque responsabilità finanziaria circa i risultati gestionali delle istituende Aziende Ospedaliero-Universitarie, scaricando tutte le spese sul fondo sanitario regionale. Ad aggravare il quadro si prevede che il trattamento economico dei medici universitari debba essere incrementato e garantito dal Consiglio Regionale attraverso una legge specifica; quindi con risorse aggiuntive a carico dei cittadini umbri. Nel contempo si concede all’Università la più ampia potestà decisionale fino a condizionare le nomine di professionisti ospedalieri.
Altrettanto imbarazzante è la decisione assunta dalla Giunta Regionale in tema di riequilibrio territoriale dei posti letto per l’ospedalità privata in cui si evidenziano macroscopiche contraddizioni, come ad esempio il bassissimo tasso di utilizzo dei posti letto delle strutture private convenzionate che non può certo indurre alla decisione di realizzare ex-novo 100 posti letto privati convenzionati. Il tasso di ospedalizzazione, sempre dal libro bianco, risulta essere in Umbria pari a 146 ricoveri ogni 1000 abitanti, sotto la soglia massima nazionale di160, ciò significa che la dotazione di posti letto è adeguata e non si ravvede lo spazio per ulteriori posti letto sia privati che pubblici. Inoltre questo atto fa registrare una grave irregolarità metodologica che ne inficia la legittimità, infatti si dichiara di voler aggiornare una piano utilizzando una base demografica retrodatata di 8 anni, quando l’elemento fondamentale per il calcolo è la popolazione corrente, che essendo diminuita impedirebbe qualsiasi incremento numerico dei posti letto.
In conclusione possiamo affermare di trovarci in presenza di tentativi maldestri di privatizzazione o di voler compiacere a qualche interlocutore “importante”, finalizzati solo a produrre deficit per la contestuale ed acclarata incapacità programmatoria e gestionale nei confronti del Servizio Sanitario Regionale.
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