“Dopo l'intenso dibattito sulla sperimentazione in Umbria dell’interruzione volontaria farmacologica della gravidanza, che ha investito direttamente lo stesso Consiglio regionale, dobbiamo denunciare il grave ritardo sull'effettivo avvio di questo percorso, ritardo che come gruppo consiliare del Partito della Rifondazione comunista per la Federazione della Sinistra giudichiamo del tutto inammissibile”.

Lo afferma il capogruppo del Prc-FdS, Damiano Stufara, che nello scorso mese di gennaio ha presentato un'interrogazione all'assessore alla Sanità per “conoscere i tempi previsti per l'esecuzione della nuova fase di concertazione e per procedere quanto prima all'effettivo avvio della sperimentazione della pillola abortiva RU 486 tramite apposito ed inequivocabile atto della Giunta regionale, nelle forme disposte dalle linee guida elaborate dal Comitato tecnico scientifico e già approvate dalla Giunta stessa”, rilevando che “a tutt'oggi, nonostante sia stata sollecitata la risposta, non ci è pervenuta alcuna ulteriore indicazione”.

Il capogruppo del Prc-FdS ricorda anche che la scelta di procedere alla sperimentazione dell’interruzione volontaria farmacologica della gravidanza ha visto la presidente della Regione “impegnarsi esplicitamente già nella campagna elettorale”, seguita da ben tre deliberazioni della Giunta (Dgr “734/2010”, relativa all'istituzione del Comitato tecnico scientifico per la predisposizione delle linee guida in materia; Dgr “1124/2010”, con cui si è preso atto del lavoro del Comitato; Dgr “863/2011”, con cui sono state approvate le linee guida a seguito di un apposito percorso di partecipazione), risponde ad un preciso diritto della donna, sancito dalla legge 194 del 1978, su cui non dovrebbe più essere necessario esprimersi”.

“È dunque urgente – secondo Stufara - fare piena chiarezza non solo nell'organismo di governo della Regione Umbria, ma all'interno di tutta la coalizione: non vorremmo infatti che il silenzio imbarazzato sulla sperimentazione dell'RU 486, farmaco adottato da decenni in altri Paesi, sia l'espressione di una desolante quanto indegna 'inagibilità' del tema dei diritti, ispirata in Italia da una concezione opportunistica delle religioni confessionali e del loro rapporto con le istituzioni pubbliche. Se così fosse, ci troveremmo in Umbria di fronte ad un'inaspettata regressione, contro cui sarebbero chiamate ad opporsi tutte le forze autenticamente civili e democratiche del territorio, per le quali le parole con cui si conquista il consenso dei cittadini dovrebbero essere le stesse con cui poi si governa”.

“Chiediamo dunque – conclude - che, nel dare risposta alla nostra interrogazione, si dia innanzi tutto soddisfazione a quanti credono che il conseguimento delle pari opportunità fra uomo e donna passi, come del resto è evidente, per la possibilità per quest'ultima di autodeterminarsi anche nella propria capacità riproduttiva; contrariamente alle liturgie della politica, la salute e la dignità delle persone non possono aspettare”.

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