Il rompicapo del voto utile
di Michele Ainis
Sui cieli della campagna elettorale volteggiano promesse, favole, miraggi. Normale: non si raccontano mai tante bugie come prima delle elezioni, durante una guerra e dopo la caccia, diceva Bismarck. Ed è altrettanto normale, in questi casi, che ciascuno punti l’indice contro la menzogna altrui. Ma c’è invece un assioma che trova sempre d’accordo almeno un paio fra i contendenti. E non si tratta più di blandire l’elettore, quanto piuttosto d’intimargli un altolà. Voto utile, ecco il suo nome di battaglia. Insomma, attento a dove metti la tua croce sulla scheda, altrimenti sprecherai la scheda. Così ripetono all’unisono Bersani e Berlusconi, nemici nell’urna, alleati nell’assioma.
Lì per lì, non fa una grinza. Specie con questa legge elettorale, dove chi ha un voto in più dell’avversario s’accaparra il 54% dei deputati. Perché disperdere le forze, perché sciupare fieno per il cavallo zoppo, quando a sinistra come a destra corre un unico cavallo che può tagliare i nastri del traguardo? Sennonché c’è una trappola logica dietro questo imperativo logico. Anzi due, anzi tre, anzi quattro.
Primo: l’imbalsamazione del passato. Siccome nel Parlamento uscente c’erano due partiti a farla da padroni, spadroneggeranno per tutti i secoli a venire. Ma le elezioni servono per decidere il futuro, non per scattare un’istantanea sul passato. Secondo: la santificazione dei sondaggi. Non è forse vero che Pdl e Pd viaggiano in testa per tutti gli istituti demoscopici?
Controdomanda: e allora che votiamo a fare? Tanto varrebbe sostituire ai 40 milioni d’elettori i mille italiani costantemente intervistati, risparmieremmo tempo e denaro. Terzo: l’abolizione dei candidati. Fino a prova contraria, la scelta elettorale dipende dai programmi dei partiti, però dipende al tempo stesso dalle facce dei signori di partito. E se nel nostro collegio si presentasse una faccia da schiaffi? È sempre un voto utile quello dispensato al candidato inutile?
Tuttavia la spina più pungente è ancora un’altra, e punge l’elettore, oltre che la logica. Per osservarla non c’è bisogno di scomodare Euclide: difatti se esiste un voto utile, specularmente esiste un voto inutile, e dunque un elettore inutile. Non proprio il massimo di rispetto verso il popolo votante. Tanto più di questi tempi, ora che gli anni d’oro del bipolarismo sono ormai un ricordo dell’infanzia. Ma la proliferazione delle liste è un effetto del disorientamento del corpo elettorale, e di ciò portate voi la colpa, non noi. Voi che avete difeso il Porcellum con le unghie, fingendo di volerlo cambiare. Sicché non possiamo scegliere gli eletti, e a quanto pare nemmeno i partiti. Ci scoraggiate a praticare il voto disgiunto, che è un altro modo per esercitare la nostra libertà di scelta. Facciamo così: andateci voi a votare al posto nostro, sarà un pensiero in meno.
E c’è infine un’ultima questione. Il voto utile è per definizione un voto contro: contro il nemico, ma altresì contro l’amico. Perché mette in guardia l’elettore contro la sua prima scelta, perché lo invoglia al male minore, altrimenti si beccherà il male maggiore. Dunque trasforma l’opzione elettorale in un atto d’inimicizia, o quantomeno di sfiducia: ti voto solo perché non ho fiducia che vinca il mio partito. Ma non può esserci speranza in una scelta disperata, in un voto sequestrato dalla paura del nemico.
Fonte: rifondazione.it
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