Per rispondere all’on. Farina Coscioni
di Francesco Pullia
PERUGIA - L’on.Farina Coscioni ha bollato come fautori di un presunto ritorno al medioevo coloro che, in numero considerevolmente alto (oltre diecimila), hanno manifestato sabato scorso per chiedere, esprimendo tra l’altro la volontà della stragrande maggioranza degli italiani, la chiusura di lager come Green Hill e l’incentivazione di modelli di ricerca alternativi alla sperimentazione animale.
Modelli maggiormente predittivi rispetto a quelli adoperati dai vivisettori, ma che, a differenza di quanto avviene ad esempio negli Stati Uniti dove da cinque anni, nei centri di ricerca statale, la sperimentazione animale è stata abbandonata, nel nostro paese vengono scoraggiati per il peso preponderante delle lobbies farmaceutiche e degli interessi dei baroni universitari.
Colpisce e ferisce che tanta tracotanza si ritrovi in una parlamentare eletta sì nelle liste del Pd ma che, come componente della pattuglia radicale, dovrebbe avvertire la responsabilità di una storia di nonviolenza, libertarismo, antidogmatismo e ragionevolezza , una storia che fu degnamente incarnata da una battagliera esponente, ahinoi messa di proposito nel dimenticatoio, come Adele Faccio.
Forse se l’on.Farina Coscioni la smettesse di lanciare fatwa nei confronti di chi esprime una visione della scienza e della ricerca differente dalla sua (come cercano di fare, per restare in ambito radicale, con fatica ma con grande coerenza, altre due parlamentari, Elisabetta Zamparutti e Donatella Poretti) e si prendesse un po’ di tempo per riflettere e approfondire l’argomento, si renderebbe conto che le cose non stanno esattamente come vuole o come le hanno fatto credere e anche la straordinaria vicenda che ha avuto per protagonista quel Luca Coscioni, di cui porta il cognome, le apparirebbe, forse, in una luce diversa. Perché non c’è chi non veda che il coraggio che ebbe Luca, insieme alla dignità e all’intelligenza di non nascondere la propria malattia bensì farne strumento di iniziativa e lotta politica, andarono di pari passo – sotto gli occhi di tutti – con l’impotenza dei medici e della medicina a salvarlo, malgrado l’esercito di animali quotidianamente martoriati e uccisi a questo scopo ormai da molti decenni…
La vivisezione è costellata di incongruenze ed errori a cominciare dall’incredibile numero di medicinali prima messi in vendita e poi precipitosamente ritirati dal mercato per gli effetti letali sull’uomo fino al centinaio di “miracolosi” vaccini anti-aids, prodotti negli ultimi trent’anni sacrificando macachi, rivelatisi totalmente inutilizzabili sull'uomo.
I vivisettori, prendendo per i fondelli la gente, affermano che, se non si sperimentasse sugli animali, bisognerebbe farlo sugli esseri umani. È una macroscopica falsità perché, in realtà, in tutto il mondo le leggi impongono la sperimentazione umana dopo quella animale. Ciò prova indiscutibilmente che non possiamo fidarci dei dati sugli animali.
Fingendo di scandalizzarsi, i vivisettori dicono che se non si sperimentasse sugli animali, bisognerebbe farlo sugli esseri umani. In realtà, come essi sanno molto bene e come noi sappiamo benissimo, tutti i farmaci ormai devono passare anche per una fase di sperimentazione clinica sull’uomo: una sperimentazione quanto mai laboriosa, costosa, inficiata di errori e problemi, che ci dice chiaramente una cosa eclatante: nessuno, tra gli scienziati, i ricercatori e i legislatori, si fida dei dati ricavati sperimentando sugli animali! E, allora, chi è che vive nutrendosi di idee che affondano nel Medioevo: coloro che che fondadosi sui fatti chiedono che si cambi rotta rispetto a criteri rivelatisi antiscientifici o coloro che si abbarbicano a ideologie da Inquisizione? I ricercatori che fanno test su animali si offendono se vengono chiamati vivisettori. Vivisezione e sperimentazione animale sarebbero – a quanto ci dicono – straordinariamente diverse. Ma davvero? Solo un esempio: se – come accade ogni giorno – gli altri animali vengono assunti come “modelli” validi per testare il dolore umano, è lapalissiano che essi debbano essere portatori di stati mentali e di coscienza simili a quelli dell’uomo. Tertium non datur. Negarlo significa inficiare la “sperimentazione”, ammetterlo comporta riconoscerne l'efferatezza.
Ora, nonostante siano state ormai scientificamente dimostrate la fallacia, l’inutilità e la barbarie della sperimentazione animale, nonché la sua pericolosità per la stessa specie umana, nei nostri laboratori entrano ogni anno un milione di animali, quasi tremila al giorno. Vengono sottoposti ad esperimenti per la ricerca di base, a test sui farmaci e sulla tossicità (comprese le sigarette e i gas usati in guerra). Proseguire su questa strada, ora che le nuove conquiste scientifiche ci consentono valutazioni di gran lunga più affidabili, più complete e più rapide (nonché più economiche) di quelle fornite dagli animali, significa, oltre che incaponirsi in un’inqualificabile barbarie, sperperare risorse economiche, produrre un ritardo irrecuperabile nella ricerca scientifica. Riferendosi alla vivisezione, Albert Einstein affermò che “nessuno scopo è così alto da giustificare metodi così indegni”.
E poi, come mai gli sperimentatori non “aprono” le porte degli tabulari, perché operare nella segretezza anziché tra pareti di vetro? Entrare in un laboratorio di vivisezione è impresa quasi impossibile, anche quando si vuole concordare la visita. Non è alquanto strano per un’attività considerata da chi la pratica meritoria e condotta con lodevole umanità? Fino a quando il Medioevo?
Recent comments
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago
11 years 48 weeks ago