di Elio Clero Bertoldi
PERUGIA - Li ricordate quegli attimi, tremendi, col corpo di un calciatore riverso sull’erba di un campo di calcio, durante gli Europei ed un gruppo di giocatori intorno, a far da scudo al compagno, vittima di un arresto cardiaco, sottoposto a tentativi di rianimazione col defibrillatore? 
Bene: quel giocatore è tornato agli Europei ed ha segnato un gol - stop di petto e diagonale irresistibile - per la sua nazionale contro la Slovenia (1-1, il risultato finale). 
Regala il sapore ed il profumo di una favola la storia di Christian Eriksen, 32 anni, danese. Nel 1977, in un Perugia-Juventus sotto una pioggia scrosciante, morì - con modalità analoghe - il centrocampista biancorosso Renato Curi che forse si sarebbe salvato se ci fosse stato, lì pronto, come in questo episodio, un defibrillatore. 
Ora, dopo 1100 giorni da quel traumatico evento, la vicenda propone, per fortuna, un lieto fine. Christian era già tornato sui campi, in Inghilterra, prima col Brentford e poi col Manchester United (con cui è sotto contratto), ma ammirarlo in una competizione continentale e vedergli siglare una rete splendida anche per esecuzione, beh, è un qualcosa che riconcilia con la vita, che alle volte sa essere cinica e crudele ed altre, per fortuna, gioiosissima e festante. 
Gli orologi segnavano le 18.45 quel 12 giugno 2021 nel corso del primo tempo (il 42', per la precisione) tra Danimarca e Finlandia. Si giocava a Copenhagen davanti a 35mila spettatori ed alle telecamere delle tv di tutto il mondo. Fu in quell'istante che Erikson tracollò sull'erba, a bocca avanti. Un terribile trauma per gli spettatori, figuriamoci per i genitori (Thomas, il padre, è stato il primo allenatore di Christian), la sorella  (Louise, calciatrice), i cugini (due, pure loro professionisti del pallone), la compagna Sabrina Kvist Jensen (gli ha dato due bambini), gli amici... 
Nei giorni successivi una équipe medica, a Copenhagen, gli impiantò un defibrillatore sottocutaneo, che consente di regolarizzare eventuali sbalzi di aritmia cardiaca. 
Così non solo Eriksen è tornato ad una esistenza normale, ma anche a quella, più impegnativa, di atleta.
Sono trascorsi tre anni e quattro giorni tra l'infarto e il ritorno al gol in nazionale. Tra l’agghiacciante caduta e la felice rinascita. 
Il fantasista danese, sbocciato nell'Aiax, passato al Tottenham e poi approdato all'Inter (con Conte vinse lo scudetto), ha ripreso - come detto - in pieno l'attività con il Brentford e quindi col titolato Manchester United. Però vederlo giostrare, ed alla grande, agli Europei, è tutt'un'altra cosa.
Vanta, questo calciatore dalla struttura fisica solida (1,82 di altezza, 70 kg di peso), la partecipazione a tre europei e a tre mondiali. L'augurio, sincero, è che possa disputarne altri. Per lui stesso, per i suoi cari, per gli amanti del calcio. E per dimostrare, contrariamente a quanto recita Marcello, compagno di Amleto, nell'omonima tragedia di William Shekespeare, che sostiene “c'è del marcio in Danimarca", che in quelle lande, come in tutte le altre parti del mondo, insieme alle brutture, trovano spazio pure avvenimenti, fatti e soggetti, positivi e belli. Che riconciliano con la vita.
 

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