PERUGIA - Venne presentata negli ultimi mesi della scorsa legislatura regionale ed oggi, dopo che la Giunta l'aveva già approfondita, dando un parere non  favorevole, la proposta di legge popolare che intende riformare la 'disciplina della ricerca, della coltivazione e dell'utilizzazione delle acque minerali, di sorgente e termali' è tornata all'ordine del giorno della Seconda Commissione consiliare presieduta da Gianfranco Chiacchieroni. E sulla proposta che, di fatto, prevede il trasferimento delle funzioni amministrative del settore al Comune stesso di pertinenza, predisponendo che il 70 per cento dei proventi dal canone rimangano al Comune ed il rimanente 30 per cento vada a confluire nel bilancio regionale, sono stati invitati a Palazzo Cesaroni i sindaci direttamente interessati dalla materia.

 

Al termine dell'incontro si è concordata la necessità che Regione e Amministrazioni comunali interessate possano discutere sulla proposta, mentre la Commissione proseguirà nel suo lavoro di approfondimento dell'iniziativa legislativa popolare.

 

Ad oggi, le risorse provenienti dal pagamento del canone per la concessione di coltivazione (1milione 500mila annui) vengono introitate completamente dalla Regione, riservando una parte di esse al finanziamento di progetti di salvaguardia ambientale predisposti dai Comuni.

 

All'incontro ha preso parte anche l'assessore regionale all'Ambiente, Silvano Rometti che, in larga parte, ha ribadito come “lo sfruttamento della risorsa idrica deve essere inserito in un quadro di compatibilità più generale, soprattutto in una regione dove gli 'acquiferi' non hanno i confini amministrativi dei Comuni. Va quindi salvaguardata la gestione di ambito regionale. Per la gestione delle acque pubbliche – ha ricordato l'assessore - abbiamo introdotto l'Auri (ambito unico per acqua e rifiuti) e risulterebbe contraddittorio che per la gestione di quelle minerali si vada ad una parcellizzazione del loro governo. Tuttavia – ha chiarito Rometti - la rivendicazione che fanno i Comuni attraverso i loro amministratori è legittima. Chiedono sostanzialmente più risorse per interventi relativi alla tutela e alla valorizzazione e su questo si può discutere valutando insieme le previsioni per il prossimo anno”.

 

Per Roberto Morroni (sindaco di Gualdo Tadino), “si tratta di un argomento di grande valenza. La riforma che viene chiesta è in linea con quanto già fatto dalla Regione Toscana, che ha provveduto a spostare l'asse da una dimensione regionale a comunale, rendendo quindi i Comuni protagonisti nella gestione delle acque minerali. La nostra proposta può definirsi intermedia tra quanto previsto dalla Regione Toscana e dalla Regione Umbria, dove i proventi dei canoni vengono completamente introitati. Noi chiediamo che ai Comuni venga riconosciuto un ruolo più marcato perché i territori dove viene attinta l'acqua devono sopportare una serie di disagi. Per questo è necessario tenere in considerazione l'aspetto compensativo e proponiamo che il 70 per cento dei canoni di concessione possa rimanere ai Comuni ed il restante 30 per cento vada nel bilancio regionale. Si tratta di un passaggio decisivo per una maggiore autonomia finanziaria dei Comuni”.

Giovanni Nardi (sindaco di Scheggia e Pascelupo): “I vincoli presenti in alcuni territori, che non riguardano soltanto le aree della captazione di acqua minerale, limitano in molti casi la possibilità di mettere a punto progetti di sviluppo. Bene questa proposta di compensazione. I Comuni devono poter sfruttare direttamente le risorse del proprio territorio”.

Giovanni Bontempi (sindaco di Nocera Umbra): “Si tratta di una proposta molto valida, che va incontro alle esigenze dei territori, ma allo stesso tempo anche della Regione. Per me, ad esempio, è difficile spiegare ai miei concittadini che a Perugia si vende l'acqua che arriva da Nocera mentre sul territorio non ritorna nulla. Stiamo parlando di aree, come lo è Nocera, che stanno soffrendo particolarmente la crisi e questo potrebbe essere un buon sistema per far ritornare sul territorio importanti risorse. Potrebbe anche rappresentare un riavvicinamento tra cittadini e politica”.

Gildo Pambianco (assessore Acquasparta): “Riconoscere ai Comuni il disagio ambientale è auspicabile e giusto. Non bisogna dimenticare che certe limitazioni legate all'area di captazione danneggiano spesso aziende agricole, ma non solo. Anche di questo va tenuto conto”.

Leonardo Grimani (sindaco di San Gemini): “Questa proposta di legge è importante e deve essere approfondita con estrema attenzione. Il senso è quello di una logica di territorio, della sua salvaguardia e dell'utilizzo delle sue risorse. Il ritorno economico è importantissimo per la valorizzazione della stessa risorsa idrica. L'ipotesi contenuta nella proposta diventa fondamentale per lo sviluppo del territorio”.

Luca Latini (vice sindaco Massa Martana): “L'auspicio è che questa iniziativa legislativa popolare possa andare speditamente avanti. È giusto che il territorio possa usufruire delle risorse sostanzialmente legate al suo sfruttamento”.

 

Nel dibattito che ha fatto seguito all'audizione, rispondendo ad una domanda di Raffaele Nevi (PdL) su come vengono oggi impiegate le risorse derivanti dal canone (1milione 500mila euro annui), Rometti ha spiegato che una parte di esse vengono utilizzate per il finanziamento di progetti di salvaguardia ambientale predisposti dai Comuni, il resto finisce nel bilancio regionale. Sulla proposta si sono espressi positivamente sia Orfeo Goracci (Comunista umbro) che Sandra Monacelli (Udc), per la quale “le politiche idriche rappresentano una delle peculiarità della Regione. È giusto far ritornare sui territori risorse legate comunque ad essi. Oltre tutto stiamo parlando di aree dell'Umbria tra le più disastrate a livello economico e quindi occupazionale. Questo non significa che le risorse possa comunque gestirle la Regione, ma deve riconoscere le peculiarità dei territori”.

 

Massimo Mantovani (PdL) ha tenuto ad evidenziare che, “non ci sono ragioni filosofiche o tecniche  per dire che i Comuni devono rimanere 'fuori dal giro'. Questa è decisione di carattere politico. Come ha già fatto la Toscana, così potrebbe fare l'Umbria. È chiaro che sulle percentuali del 70 – 30 si può ragionare, ma è giusto prevedere dei ritorni congrui per i Comuni sedi dello sfruttamento dell'acqua”. Luca Barberini (Pd): “Emerge con certezza che ci sono territori in sofferenza più marcata rispetto ad altri, al di la dell'acqua. Non bastano piccoli contributi per risolvere i problemi, è necessaria maggiore attenzione sui Piani di sviluppo e sulla messa a punto di iniziative imprenditoriali. Non credo che trasformando la fiscalità generale in una di scopo si possa raggiungere la migliore soluzione ai problemi”.

Manlio Mariotti (Pd): “L'impianto della proposta di legge non fa riferimento aspecifiche crisi territoriali, ci offre però elementi utili per discutere di un settore che rischia comunque di entrare in una crisi seria. Dobbiamo riflettere attentamente su questo. Piuttosto che parcellizzare i territori, bisogna ragionare a 360 gradi sul settore e questa proposta legislativa potrebbe comunque rappresentare un utile strumento”.

 

Per Maria Rosi (PdL), “è necessaria una valutazione seria ed approfondita sulla proposta per arrivare ad una ripartizione equa delle risorse tra Regione e Comuni che devono poter maggiormente usufruire di risorse comunque derivanti dal loro territorio. Bisogna fare una scaletta delle priorità e per questo propongo l'istituzione di una sotto Commissione che possa approfondire la questione”.

 

Gianfranco Chiacchieroni (Pd) ha definito “giusto” che la gestione delle risorse rimanga in capo alla Regione. “Se si può agitare il popolo per la gestione dell'acqua, si può fare anche per la gestione di altri settori che riguardano il territorio. La questione va affrontata direttamente tra Giunta regionale e sindaci dei Comuni interessati. La Commissione, tuttavia, approfondirà questa iniziativa legislativa popolare insieme all'Esecutivo ”.

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