Il consigliere Maria Rosi (Pdl) ha presentato un'interrogazione a risposta immediata (question time) al presidente della Giunta regionale in cui chiede di conoscere “quale sarà il soggetto che dovrà provvedere al cofinanziamento necessario alla costruzione dell'impianto di trattamento e recupero dei rifiuti da spazzamento stradale, da realizzare nell’ex ATI 2 a Ponte Rio, cofinanziato dalla Regione con fondi PAR (Programma attuativo regionale)- FAS (Fondo aree sottoutilizzate)”. Rosi inoltre, nell'eventualità che “Gesenu spa” sia tra i soggetti che procederanno alla realizzazione dell'impianto, vuole sapere “come farà questa azienda a sostenere un simile impegno progettuale, economico e finanziario considerata la grave situazione finanziaria in cui versa”.

L'esponente del Pdl sollecita quindi l'Esecutivo regionale a esplicitare “tempi, criteri e modalità per aggiornare il Piano regionale rifiuti, al fine di renderlo più rispondente alle mutate situazioni normative e gestionali connesse al trattamento e al recupero dei rifiuti urbani e assimilati”.

Rosi, nella sua interrogazione ricostruisce i passaggi normativi ed amministrativi della vicenda che renderebbero “ancora più inadeguato il vigente Piano regionale dei rifiuti poiché non contiene le necessarie indicazioni per far fronte al nuovo assetto gestionale che si è delineato, oltre alle nuove opzioni che possono essere perseguite nel trattamento dei rifiuti. L'interrogante cita a questo proposito le due delibere regionali (“713/2012” e “1645/2012”) con le quali la Giunta definisce le Linee di indirizzo per il sistema impiantistico regionale di trattamento e recupero di rifiuti urbani, nonché la localizzazione degli impianti, e dispone un finanziamento di 9 milioni di euro da ripartire tra i 4 ex Ambiti territoriali integrati umbri (ATI).

L'esponente del Pdl rileva poi che con le modifiche normative apportate dal Decreto ministeriale (cd “Clini” il “22/2013”) non classifica più come rifiuti alcune tipologie di combustibili solidi secondari (Css) e “consente di sostituire parzialmente i combustibili fossili, di solito utilizzati nei cementifici, con il cosiddetto combustibile solido secondario (Css), ricavato dalla frazione secca dei rifiuti con l’aggiunta di altre componenti”. Un combustibile, si spiega nell'interrogazione “sia i cementifici che le centrali termoelettriche in possesso dell'Autorizzazione integrata Ambientale (Aia) al momento dell'entrata in vigore del decreto, oggi possono utilizzare, con il solo obbligo di darne comunicazione all'autorità competente, ovvero alla Regione, almeno 60 giorni prima dell'effettivo utilizzo del combustibile stesso”.

Altre modificazioni normative in ordine all'organizzazione territoriale del servizio idrico e del servizio di gestione dei rifiuti, ricorda ancora Rosi, sono state apportate dalla recente legge regionale “11/2013” con la soppressione dei 4 Ati e l'istituzione dell'Auri (Autorità umbra per rifiuti e idrico).

Alla luce di tutto ciò, al consigliere Maria Rosi appare “incomprensibile concedere un cospicuo cofinanziamento regionale, di un milione e 300mila euro, pari al 50 per cento del costo stimato di progetto per 2 milioni 600 mila euro, per la realizzazione di un impianto di trattamento e recupero dei rifiuti da spazzamento stradale, da realizzare nell’ex ATI 2, e precisamente a Ponte Rio, per il riciclo di materiali inerti recuperabili, in presenza della GESENU Spa, una azienda che registra una difficilissima situazione economica e finanziaria”.

E rispetto alla Gesenu, Rosi rileva la “gravissima situazione di dissesto finanziario gestionale della società di raccolta e gestione dei rifiuti con sede a Perugia. Una questione che è all'attenzione del Comitato di monitoraggio e controllo del Consiglio regionale, per comprendere come la GESENU Spa sia potuta arrivare ad un deficit così alto, anche se questo sembra sia in gran parte legato alla mancata riscossione di crediti per 50 milioni di euro vantati nei confronti della Regione Sicilia. Ma che, come evidenziato dalla Fit-Cisl – aggiunge - la crisi economica della GESENU, parte da lontano e che, oltre agli stipendi per i 1300 lavoratori, ci sono criticità legate agli aspetti organizzativi che fanno temere il rischio concreto che la raccolta dei rifiuti si possa addirittura fermare”.

“Senza volere entrare in aspetti gestionali e di controllo che non competono alla Regione – sottolinea Rosi -, sembra giusto dovere rendere trasparente il modo in cui vengono amministrate le aziende pubbliche che sono finanziate anche dai cittadini attraverso il pagamento puntuale della tassa sui rifiuti”.

Condividi