Da non perdere questa sera giovedì 20 luglio in Tv  (stasera in anteprima in Umbria alle ore 22 su TRG-canale 13, replica domani ore 14, da domani nelle Tv delle altre regioni italiane in giorni e orari differenziati impossibili da sintetizzare qui) la prima parte del Reportage “Giovanni Falcone – Le testimonianze di Marcelle Padovani e Claudio Martelli”, curato da Gamma Multimedia Italia di Roberto Sportellini con la collaborazione di Giuseppe Castellini e prodotto dal Nuovo Giornale Nazionale nell’ambito della serie “XX Secolo”. La seconda parte sarà in onda lunedì prossimo.

Due testimonianze di grande importanza. Marcelle Padovani, nota giornalista, nel 1991 ha collaborato con Giovanni Falcone alla stesura del libro “Cose di Cosa Nostra”, edito da Rizzoli. Un libro in cui a parlare è Falcone. La seconda testimonianza è quella di Claudio Martelli, che da Ministro della Giustizia chiamò Falcone a collaborare con lui gomito a gomito (dopo che Giovanni Falcone aveva subito scandalose ingiustizie – anche dai suoi stessi colleghi magistrati - e che il CSM aveva fatto in modo che il pool antimafia di Palermo venisse di fatto smantellato), scrivendo una fase di lotta alla mafia di grande efficacia  intelligenza (tra cui anche il 41bis). L’ex Ministro Martelli ne parla presentando a Perugia, a un’iniziativa organizzata dal Circolo culturale Giorgio Casoli (di cui è presidente l’Avvocato Cesare Carini), il suo libro “Vita e persecuzione di Giovanni Falcone” (Ediz. La Nave di Teseo), dialogando con Giuseppe Castellini.

Ed ecco un passaggio particolarmente significativo dell’intervento di Claudio Martelli: “Giovanni Falcone era il più importante, il più capace, il più famoso tra i giudici che hanno combattuto la mafia. Per questo nello stesso giorno in cui fui nominato ministro della Giustizia lo chiamai e gli affidai l’incarico più importante del ministero, quello di direttore degli Affari Penali. Insieme, abbiamo pensato e organizzato la più organica, determinata ed efficace strategia di contrasto a Cosa Nostra. La mafia reagì uccidendo prima Falcone poi Borsellino con una violenza terroristica più efferata e rabbiosa di quella armata in precedenza contro i molti giudici, poliziotti, uomini politici che l’avevano contrastata. Pur tra tante affinità, la storia di Falcone è diversa da quella degli altri uomini dello Stato che hanno combattuto la mafia perché solo a Falcone è capitato di essere perseguitato in vita non solo da Cosa Nostra, ma anche di essere avversato da colleghi magistrati, dalle loro istituzioni come il CSM e dall’Associazione Nazionale Magistrati, nonché da politici e da giornalisti di varie fazioni. Ancora oggi di quest’altra faccia della luna poco si sa perché poco è stato detto. Fece eccezione l’amico più caro di Falcone, Paolo Borsellino: ‘La magistratura che forse ha più responsabilità di tutti cominciò a far morire Giovanni Falcone ben prima che la mafia lo assassinasse a Capaci’. Da allora sono passati trent’anni. Per rispetto di Falcone, dei ragazzi che non hanno vissuto quel tempo, degli adulti che non lo hanno capito o lo hanno dimenticato, sento il dovere di tornare a riflettere per raccontare le verità di allora e quelle più recenti che ho appreso insieme al ruolo di chi, nel bene e nel male, ne fu protagonista”.

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