Di Ciuenlai - Ormai Matteo Renzi sembra più un problema che una risorsa. I fatti di questi giorni lo dimostrano. Dopo la certificazione della distruzione di tutto ciò che ha toccato (Schiforme varie, bilancio dello stato, Job act, partito ai minimi storici come iscritti e come attività), arrivano le prese di distanza. Napolitano lo bacchetta i suoi più potenti alleati democratici (Franceschini, Fioroni, Orlando e soci), al di là delle dichiarazioni di facciata, si preparano ad una nuova stagione senza di lui. La corsa alle elezioni rallenta e di brutto, il congresso del Pd si avvicina e con esso, la sua possibile e completa uscita di scena. E' in questo quadro che va analizzata la strategia della minoranza che sta facendo da “ariete” contro il fiorentino. E' una strategia che ha due punti di riferimento; uno interno (Bersani) e uno esterno (D'Alema). I due mondi si saldano in una proposta unica quella dell'Ulivo 4.0 dove, secondo loro, dovrebbero approdare sia il Pd ,depurato dal renzismo, che il nuovo soggetto della sinistra deputato a recuperare tutti quei consensi finiti nella “naftalina” dell'astensione. Insomma la riconquista del centrosinistra da parte dei vecchi proprietari . Solo che, per il momento, questo piano ha il solito difetto di fabbrica. E' un'idea dei cosiddetti gruppi dirigenti, che si compone ai vertici e non smuove il popolo della sinistra. Un' altra idea del “meno peggio”. Senza il coinvolgimento pieno e la ristrutturazione delle organizzazioni di massa, Cgil in testa e dei movimenti non si potranno attivare quelle forze sane e fresche che necessitano al rilancio della sinistra. Coinvolgerle soprattutto in percorsi congressuali che dovrebbero in parte confermare e in parte disegnare gli orizzonti ideali e valoriali, i progetti e /o i programmi di medio e breve termine di questa parte politica. Rimettere insieme i cocci dei “non combattenti” e reduci della seconda repubblica (minoranza Pd, i resti di Sel e di Rifondazione, Pisapia, Prodi ecc.) servirà a poco. Anche perchè è un'armata formata, per lo più, da fallimenti che da successi Per cambiare, il “dopo Renzi” non può prescindere da una robusta svolta a sinistra. Quella che è in corso in diverse parti d'Europa. Una svolta che deve prescindere dalla ossessiva ricerca del “vincere per vincere”, affidandosi al “Renzi” di turno (Calenda?) che , come si è visto, sposta sempre più a destra il movimento, lo snatura e lo allontanandolo dal suo Dna. Se non si prova a rimettere in pista milioni di delusi e non si parte da essi, tra qualche tempo la sinistra sarà di nuovo punto e a capo.  

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