Se 86.000 cittadini si sono recati alle urne in un referendum comunale e hanno disobbedito agli ordini di scuderia dei partiti delle larghe intese, dei poteri economici, dei riferimenti religiosi e sindacali, non lo hanno fatto solo su un tema specifico, seppur centrale, come quello del diritto all'istruzione pubblica. Occorre cogliere la volontà  popolare di voltare pagina rispetto alle fallimentari politiche di tagli e privatizzazioni. Solo un anno fa tutti parlavano della necessità  delle politiche di austerità  per rispettare i vincoli europei; oggi si mettono in discussione i diktat della BCE e la stessa permanenza nell'Euro, se questi si traducono nel dover rinunciare alla scuola per i propri figli.

Ora bisogna trasformare la vittoria di Bologna in una base per riconquistare il nostro Stato Sociale, a partire dal diritto alla scuola pubblica per tutti. Questo risultato deve mettere la parola fine al progetto degli ultimi 20 anni, che partendo dall'autonomia scolastica, mirava ad un modello d'istruzione sempre più escludente; un modello in cui i figli dei lavoratori hanno trovato sempre meno spazio, come ci dicono i dati sul crollo delle iscrizioni all'università .
La scuola deve tornare ad essere quel luogo in cui si promuove il progresso culturale e sociale dei figli del mondo del lavoro.

In mesi di campagna elettorale i militanti dell'USB, tra i fondatori del Comitato referendario Art. 33, sono stati protagonisti di centinaia di volantinaggi, assemblee sui posti di lavoro, dibattiti e manifestazioni e in ogni luogo hanno percepito come il ragionamento che esprimono da anni sia ormai quello percepito dal buon senso della stragrande maggioranza dei ceti popolari.

La giunta di Bologna, i poteri politici ed economici, cisl, uil e cgil che in questi mesi si sono contrapposti ai cittadini bolognesi, sostenendo le ragioni dei finanziamenti alla scuola privata, devono prendere atto del fatto che non rappresentano la volontà  popolare e devono fermare tutte le manovre di privatizzazione e esternalizzazione dei servizi, di chiusura degli spazi democratici e sindacali.
 

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