Referendum acqua: battere le politiche liberiste si può
Con il via libera della Corte Costituzionale a due dei tre quesiti referendari promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua una prima vittoria è già stata conseguita.
Abbiamo sempre detto che “si scrive acqua e si legge democrazia”, ovvero che, su un bene essenziale che a tutti appartiene, devono essere le donne e gli uomini di questo Paese a poter decidere : ora tutto questo diventa possibile e nella prossima primavera il popolo italiano potrà pronunciarsi.
E potrà finalmente decidere se l’acqua debba –come i movimenti chiedono- essere riconosciuta un bene comune e un diritto umano universale o continuare ad essere considerata una merce per i profitti dei capitali finanziari e delle grandi multinazionali.
E’ questo il secondo risultato già conseguito: per la prima volta, il pensiero unico del mercato non è più una legge divina, inconfutabile e indiscutibile, bensì una scelta politica, che come tale può essere discussa, confutata e battuta.
Lo hanno già fatto gli oltre 1,4 milioni di donne e uomini che hanno sottoscritto i quesiti referendari, lo potrà ora fare l’intero popolo italiano.
E’ con grande soddisfazione che ci apprestiamo quindi a lanciare la fase decisiva della battaglia per la ripubblicizzazione dell’acqua, un percorso che ha permesso a questo Paese di confrontarsi con una nuova realtà : una amplissima coalizione sociale dal basso, senza padrini politici, senza potentati economici e nel più totale silenzio dei grandi mass media, che è riuscita ad imporre all’agenda politica e istituzionale un tema fondamentale come quello dell’acqua e che, per farlo, non si è affidata ad alcun vecchio o nuovo populismo rappresentativo, bensì ha costruito un percorso reticolare fatto di partecipazione e mobilitazione di tante donne e uomini alla loro prima esperienza di attivismo sociale, di connessione tra comitati locali, reti e associazioni nazionali, di obiettivi comuni tra culture ricche e differenti.
Da questo punto di vista, la chiarezza con cui la Corte ha cassato il quesito sull’acqua proposto dall’Italia dei Valori va salutata con altrettanta soddisfazione : perché era un’iniziativa che cercava –in modo peraltro confuso e contradditorio- di mettere il cappello su un’esperienza che cappelli non ne ha mai voluti : il referendum è uno spazio pubblico a cui vogliamo che tutti partecipino, non uno spazio privato di cui qualcuno possa impossessarsi.
La battaglia dell’acqua è un percorso che viene da lontano e che ha sedimentato in anni di lavoro una nuova narrazione sui beni comuni, un percorso fatto di proteste e di proposte : alle lobbies di Federutility e di Anfida ( i poteri forti della privatizzazione dell’acqua), a cui piace denigrare dicendo che vogliamo trasformare l’Italia nella Corea del Nord, diciamo che una nostra proposta di legge, con oltre 400.000 firme giace da oltre tre anni nei cassetti delle commissioni parlamentari, senza che alcuna delle attuali forze politiche parlamentari si sia posta il problema di leggerla o di discuterla.
Ma non potranno nascondersi oltre : da subito, non solo chiediamo, ma esigiamo che sia approvato un decreto di moratoria sugli effetti dell’attuale ‘Legge Ronchi’ : troviamo infatti inaccettabile, nel merito e nel metodo, che su una normativa che tra qualche mese potrebbe essere abrogata, si continui a procedere, accelerando le privatizzazioni in tutti i territori.
Chiediamo inoltre, e faremo tutti i passi istituzionali necessari, che si opti da subito per l’accorpamento della data del voto referendario con quella delle prossime elezioni
amministrative : una richiesta di buon senso in un paese normale, un obiettivo di lotta in questo paese dalla democrazia smarrita.
Adesso si apre la fase più importante di questa battaglia di civiltà : ottenuti i referendum, occorre costruire una sorta di grande agorà, di confronto e discussione capillare in ogni angolo del paese per costruire conoscenza e partecipazione.
Con una grande consapevolezza di partenza : con i referendum sull’acqua –e il concomitante quesito contro il nucleare- si apre per questo paese la straordinaria opportunità di conseguire, dopo decenni, una prima grande vittoria popolare contro le politiche liberiste.
Per questo riteniamo che il filo comune che lega le mobilitazioni per l’acqua a tutte le lotte territoriali per i beni comuni, alle mobilitazioni studentesche e del mondo della ricerca e della formazione, alle lotte dei precari e dei lavoratori metalmeccanici debba divenire trama di un nuovo tessuto sociale che, sulla riappropriazione collettiva dei diritti sociali e dei beni comuni e sulla loro gestione partecipativa, indichi un nuovo modello di società.
Fuori dalla loro crisi, dentro le nostre speranze di futuro.
Marco Bersani - Attac Italia
Martedì
18/01/11
13:00
SAN FRANCESCO E SAN BENEDETTO NELLO STATUTO DELLA REGIONE DELL'UMBRIA
I membri della futura Assemblea Legislativa dovranno quindi ispirarsi al principio francescano della povertà e dare i loro averi ai poveri e agli oppressi
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La speciale commissione del Consiglio regionale, che presto si chiamerà “Assemblea Legislativa”, ha annunciato che lo Statuto della Regione dell'Umbria verrà modificato e che troverà ispirazione in San Francesco e San Benedetto e quindi alle loro “regole monastiche”.
Questa scelta dal sapore prettamente cattolico impone però coerenza nei comportamenti. Quindi una volta inseriti i due Santi nello Statuto anche laici, atei, mussulmani, buddisti, ecc... ecc... ,che vivono in Umbria, dovranno adeguarsi e rispettare le Regole Statutarie e perciò anche quelle francescane e benedettine.
San Francesco nel "testamento spirituale", noto come il Testamento di Siena, redatto nelle settimane immediatamente precedenti la sua morte, probabilmente nel 1226, disse ai suoi fraticelli: “sempre si amino gli uni gli altri, sempre amino ed osservino nostra signora la santa povertà, e sempre siano fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa madre Chiesa”.
San Benedetto invece compose la sua regola verso il 1540. Egli combinò l'insistenza sulla buona disciplina con il rispetto per la personalità umana e le capacità individuali, nell'intenzione di fondare una scuola del servizio del Signore. I due cardini della vita comunitaria dei benedettini sono l'obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero e la buona condotta morale, la carità reciproca e l'obbedienza all'abate, il "padre amoroso", cardine di una famiglia ben ordinata che scandisce il tempo nelle varie occupazioni della giornata durante la quale la preghiera e il lavoro si alternano nel segno del motto ora et labora ("prega e lavora").
Con l'avvento del nuovo Statuto della Regione le conclusioni da trarre pertanto sono, per la regola di San Benedetto, che i politici debbono restare per tutta la vita nel “palazzo-monastero”, ma , per la regola di San Francesco, debbono mettersi al servizio di “signora santa povertà” e rinunciare ad indennità, vitalizi e prebende varie e soprattutto amare il prossimo ed essere sottomessi alla madre chiesa e cioè al Papa capo della chiesa cattolica romana.