Le vicende di razzismo di cui sono rimaste vittime prima Issa e poi Momo, i due giovanissimi calciatori liberiani del Gualdo, sono gravi e confermano la diffusione strisciante e continua dello stigma razziale nel nostro Paese, la banalizzazione delle pratiche discorsive razziste e l’alto grado di accettazione sociale dell’intolleranza e dell’insulto ad origine razzista e xenofobo.

Ai due ragazzi ed alle loro famiglie va tutta la nostra solidarietà e bene hanno fatto dalla società sportiva e dall’Amministrazione comunale a pretendere le scuse e ad invocare l’intervento della giustizia sportiva. A nostro parere, anche a scuse sopraggiunte, essa deve dimostrare determinazione e celerità ed imporre sanzioni esemplari in questo come in tutti i casi, qualora si dovessero ripetere in futuro, senza cedimenti di sorta a quella compassione buonista e svenevole con cui troppo spesso si mandano in cavalleria e si banalizzano fatti e comportamenti conclamati e ripetuti. Il messaggio deve essere chiaro: fuori il razzismo dallo sport, esso va certo combattuto con l’educazione e con la cultura attraverso la pratica sportiva, ma anche con interventi decisi ed esemplari.

Di vicende come quelle di Momo ed Issa sono zeppe le cronache italiane ed umbre delle partite di calcio, sia che ne siano protagonisti i tifosi dagli spalti, sia che ne siano protagonisti diretti o vittime gli stessi calciatori durante le competizioni, sia in ambito professionistico che dilettantistico. Gli sforzi che le leghe e le società hanno compiuto in questi anni per contrastare negli stadi e sui campi da gioco la diffusione del razzismo “domenicale” e per promuovere una cultura antirazzista si infrangono purtroppo con l’ordinarietà di quel razzismo quotidiano di cui si è permeata la società italiana soprattutto nell’ultimo quindicennio, sospinto com’è stato dall’irresponsabilità delle sue classi dirigenti e dei molti mezzi di opinione e di comunicazione di massa che hanno alitato sul fenomeno fabbricando paure del diverso in quantità industriale e generando odi, pulsioni e retoriche grezze, discriminatorie e finanche razziste, attingendo a pieni mani dai clichè più insulsi del vastissimo e consueto vocabolario xenofobo, spesso senza neanche accorgersene.
Il sussulto di indignazione che stavolta c’è stato da parte dei tanti che a Gualdo si sono stracciati le vesti di fronte alla vicenda di Momo ed Issa è senz'altro positivo e fa onore alla nostra Città. Ma la diffusione dei fenomeni di razzismo è una cosa seria che va combattuta sempre, non a episodi, e veramente, senza l'ipocrisia di chi si mette a sbraitare nel "processo del lunedì" e si dimentica di farlo negli altri giorni della settimana, in un Paese che ha visto crescere e moltiplicarsi i pregiudizi nei confronti degli immigrati a livello di istituzioni e a livello di popolo.

L'episodio di cui si è reso protagonista il calciatore del Casacastalda, anch'egli giovane, scusatosi infine per i suoi insulti a sfondo razzista, è solo uno delle migliaia di cui si rendono quotidianamente protagonisti migliaia di italiani e tanti giovani e giovanissimi che sono cresciuti nel brodo di coltura della "pedagogia" xenofoba e a tratti effettivamente razzista che specifiche forze politiche, rappresentanti delle Istituzioni, molti media hanno esercitato nel corso del tempo, facendo spesso le fortune politiche ed elettorali di chi faceva tale esercizio, in un Paese segnato da un gap clamososo con l'Europa sul fronte delle politiche di accoglienza e di integrazione, di concessione della nazionalità e di riconoscimento del diritto d'asilo. Questo episodio raccolto in questi giorni rappresenta solo una delle tante manifestazioni di una tempesta seminata dal vento di tutti questi anni.

Le retoriche stigmatizzanti e razziste in Italia non sono mai state sottoposte davvero a critica e a decostruzione, se non da parte di una minoranza costituita da pochi studiosi, da alcuni ottimi giornalisti, da poche forze politiche, da un certo numero di attivisti antirazzisti e da alcuni mezzi d’informazione di nicchia. Perfino il derisorio “vu’ cumprà” è tornato in voga - ammesso che abbia conosciuto fasi di declino -, rilanciato da agenzie di stampa e finanche da quotidiani e uomini politici “progressisti”. E ha assunto un significato ancora più denigratorio, poiché, non essendo più riferito ai soli venditori ambulanti stranieri, è divenuto sinonimo di “extracomunitari”: di tutti, anche degli operai che lavorano in fonderia. La permanenza del vizio di etichettare, cioè di nominare gli “altri” secondo il registro dell’irrisione, del disprezzo o della degnazione, rivelano che una frazione considerevole dei media e dei cittadini italiani ancor oggi percepisce i migranti e gli appartenenti a minoranze (in particolare i rom e i sinti) come massa informe e omogenea di pezzenti, marginali o delinquenti, comunque come specie altra dai cittadini. Il che è indizio della mancata accettazione o presa d'atto che il nostro è divenuto da ben più di un trentennio un paese d’immigrazione stabile, normalmente complesso e caratterizzato da varietà e pluralità di culture, religioni, costumi, modi e stili di vita. Questa negazione è legata a una percezione deformata di una realtà che non si accetta e si tende a rimuovere.

Siamo il Paese in cui un razzismo esplicito, spesso smodato, ha contraddistinto e contraddistingue le pratiche, discorsive e non solo, di politici, amministratori, parlamentari e ministri di governo. Per ricordare solo le perle più recenti, si possono citare: il raffinato “Immigrati, fora da ‘i ball” del ministro Bossi, reiterato dal ministro Calderoli, fecondo creatore di iniziative e fraseologie razziste, che vi aggiunge “Se qualcuno la pensa diversamente, ospiti i clandestini a casa sua”, classico luogo comune, a suo tempo accreditato anche da Beppe Grillo.

Ed ancora: l’incitamento a usare le armi per respingere le “orde” d’immigrati, pronunciato dal viceministro Castelli e ripreso dall’eurodeputato Speroni, entrambi leghisti; le dichiarazioni del deputato Giancarlo Lehner sul la proposta di “agitare come spauracchio” la castrazione chimica dei migranti; le finezze pronunciate da Berlusconi in persona, dall’identificazione fra contrasto dell’immigrazione “clandestina” e lotta alla criminalità al grottesco grido di dolore su Milano come “zingaropoli islamica"; la dichiarazione pubblica dell’eurodeputato della Lega Nord, Mario Borghezio, secondo il quale “ottime, al netto della violenza” sono “alcune idee” di Anders Behring Breivik, l’autore della strage in Norvegia del 21 luglio 2011; le stesse sbavature razziste del ministro Maroni sull’esaltazione delle ronde razziste; la frase “Immagino che lo abbiano scambiato per una nave che trasportava clandestini”, per giustificare il mitragliamento di un mite peschereccio siciliano da parte di una motovedetta libico-italiana; la minaccia di espulsione dei rom, “anche se comunitari”; l’attacco alla magistratura che sarebbe “a favore dei clandestini”; l'ultimissima è di Davide Cavallotto, deputato del Carroccio, ex responsabile della campagna elettorale di Cota: "La pioggia è riuscita a fare quel che non era riuscito a Fassino, sgomberare i campi rom" e cioè lo sgombero di un campo nomadi di Torino scattato dopo l'allerta maltempo ed alluvione. In questo quadro, si inserisce anche chi, da parte sedicente progressista, si fa addirittura promotore di una pratica di "xenofobia ragionevole" che diventerebbe il modo migliore per "evitare i comportamenti violenti e i pregiudizi contro gli immigrati”.

E' in questo contesto che si comprende il recentissimo Rapporto sull’Italia del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, il quale dopo aver rimarcato che negli ultimi tre anni quasi nessun progresso è stato compiuto dalle autorità italiane quanto a garanzia del rispetto dei diritti umani di rom, sinti e immigrati, auspica che si ricorra al codice penale almeno “per arginare il continuo uso di slogan razzisti da parte dei politici”e sempre in questo contesto, fra i tanti rapporti autorevoli in merito si registra anche quello di Amnesty International pubblicato quest'anno che deplora la moltiplicazione di “commenti dispregiativi e discriminatori formulati da politici nei confronti di rom, migranti e omosessuali” che “hanno alimentato un clima di crescente intolleranza”.

Le frasi che abbiamo riportato, ma se ne potrebbero citare mille altre, sono diventate d'uso consueto anche nel gergo comune di frazioni sociali non certo maggioritarie ma di preoccupante consistenza nella nostra comunità locale e sono state un vocabolario cui si è largamente attinto anche nella politica: se si è onesti intellettualmente si deve riconoscere questa evidenza e si deve mostrare la stessa indignazione che si è opportunamente registrata nella vicenda dei calciatori del Gualdo per tutti gli episodi che d'ora in poi si dovessero registrare, anche nell'andazzo più ordinario e quotidiano. Vogliamo così auspicare che l'attenzione sollecitamente dimostrata dalla Giunta delle destre nell'occasione in cui sono rimasti vittime questi due noti "figli di Gualdo" e la risposta corale che c'è stata stavolta possano finalmente rappresentare una nuova coscienza civile ed un'inversione di tendenza anche in quei settori della politica che per anni hanno irresponsabilmente solleticato i ventri molli e più bassi dei gualdesi per ragioni esclusivamente elettorali ed hanno alimentato tra molti cittadini una percezione deformata e deformante della realtà dell'immigrazione, generando quei diffusi fenomeni di xenofobia che hanno trovato espressione nei soliti luoghi comuni cari al "discorso" razzista.

Confidiamo infine che la fine data e oramai ravvicinata del berlusconismo e del leghismo al governo del nostro Paese possa finalmente esitare in un cambiamento radicale anche sul versante della cultura civile del popolo italiano e sul versante delle politiche sull'immigrazione. A partire da quelli che più patiscono la crisi economica e sociale e le politiche del liberismo e tra quelli in cui è più presente il rischio di scivolamento verso la barbarie della guerra tra poveri, diversamente da quanto la propaganda delle destre ha fino ad oggi coltivato, siamo infatti certi che i cittadini italiani abbiano ormai ben compreso che la loro vera "controparte" non è certo l'immigrato, il clandestino o il diverso per colore della pelle, origini, cultura, religione ecc. considerato estraneo, invasore e finanche nemico, bensì i grandi poteri finanziari che continuano a speculare sulla loro vita, sulla loro dignità, sul loro lavoro e sui loro risparmi, pretendendo di far pagare al popolo la crisi che hanno generato e su cui pur si continuano ad arricchire.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

 

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