PERUGIA – L’incontro “L’assassinio di Aldo Moro e la crisi della democrazia” che si è svolto venerdì a Perugia, ha visto la partecipazione attenta e appassionata di molte cittadine e cittadini e gli interventi qualificati di Attilio Solinas, Stefano Vinti, Miguel Gotor, Vincenzo Vita e Andrea Colombo.

Un appuntamento politico che è partito dal rapimento e dall’uccisione di Moro per arrivare  alle crisi della democrazia dei nostri tempi.

L’ultima commissione d’inchiesta in tre anni non è riuscita a concludere i lavori: dopo quattro decenni, una sfilza di processi, numerose inchieste, decine di saggi e articoli, la vicenda più tragica delle storia repubblicana, il sequestro di Aldo Moro, non riesce a chiudersi davvero.

Cinque uomini trucidati. Uno degli uomini politici più importante del Paese, più volte presidente del Consiglio, nelle mani della principale organizzazione terrorista, Lo Stato colto di sorpresa, incapace di reagire, messo in angolo dall’offensiva delle Brigate Rosse,

Fu la primavera di paura del 1978, i cinquantacinque lunghissimi giorni che quaranta anni fa segnarono la crisi più difficile nella storia della Repubblica.

Da allora è stato ripetuto ossessivamente che l’affare Moro è il grande mistero italiano. Dietro ogni dettaglio si è cercato di scoprire, sempre invano, la traccia di una trama occulta, perdendo di vista i caratteri reali di una vicenda che fu condizionata nel suo intero svolgimento non dalle manovre di oscuri burattinai ma dalle strategie, dai calcoli e dalle esigenze delle politica.

In questo modo la verità storica, invece che essere chiarita, si è con gli anni sempre più allontanata, sepolta sotto una coltre di supposizioni.

La verità del caso Moro sarebbe sotto gli occhi di tutti, solo a volerla cercare. Non una storia di foschi complotti e congiure internazionali, ma una tragedia politica italiana.

Moro poteva essere salvato. A decidere la sua sorte fu un intreccio di interessi e calcoli politici. Le scelte compiute allora da tutti, dalla Democrazia cristiana, dal Pci e dalle stesse Brigate Rosse, furono dettate da una “ragione di partito” camuffata da ragione di Stato oppure, nel caso dei terroristi, da ragione rivoluzionaria.

Dopo quattro decenni di mistificazioni e falsi misteri, oggi è possibile guardare a quei giorni per quello che realmente furono: una lotta senza esclusione di colpi da cui uscirono sconfitti lo Stato e coloro che l’avevano colpito al cuore. E per la sinistra italiana, come per la Prima Repubblica, l’inizio della fine.

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