RANIERO LA VALLE: “NON C’È PACE IN UN MONDO DOMINATO DAI LEVIATANI”
di Frida Nacinovich
“Ci troviamo ora con un mondo dilaniato tra Leviatani in lotta tra loro”. Con questa secca affermazione Raniero La Valle fotografa l’odierna realtà della geopolitica internazionale. La guerra è tornata a farsi accreditare in nome della ragione e del diritto, da cui dopo la ‘Pacem in Terris’ di Giovanni XXIII era stata espulsa per sempre. Giurista, giornalista, scrittore, politico, la voce di La Valle attraversa da più di sessant’anni il dibattito sociale e culturale italiano. Si potrebbe dire dell’Italia migliore, quella che non si rassegna alla follia della guerra, che si spende a favore dei popoli oppressi. Lui, che fu tra i promotori nel 1991 della campagna ‘Un ponte per Baghdad’, che poi avrebbe dato vita all’associazione umanitaria ‘Un ponte per’, oggi presiede ‘Costituente terra’, associazione tesa a realizzare il sogno di un’unica Costituzione per l’intero pianeta. Figura storica del pacifismo italiano, La Valle guarda con enorme preoccupazione quanto sta accadendo nel cuore dell’Europa.
Raniero La Valle, in un suo recente intervento, lei parla di un mondo di Leviatani tutti in lotta tra loro, puntando il dito su un Occidente che continua a pensare la realtà a sua misura. Il risultato è sotto i nostri occhi. È possibile uscire da questo vicolo cieco?
Paradossalmente è più difficile uscire oggi da questa sindrome da guerra di quanto non lo fosse nella seconda metà del Novecento, quando c’era l’equilibrio del terrore. Avevamo capito da Hiroshima e Nagasaki che cosa significasse una guerra combattuta con le armi nucleari. E questo terrore si era trasformato in una deterrenza. Per non fare la guerra atomica, non erano legittimate neanche le guerre convenzionali, anche se poi si facevano lo stesso, come in Vietnam. Ma che cosa succede dopo? Quando viene rimosso il muro di Berlino non a cannonate, ma per una decisione politica del capo dell’Urss, Michail Gorbaciov, e quindi finisce la divisone del mondo in blocchi, finisce anche la contrapposizione nucleare, perché l’Unione Sovietica scioglie il Patto di Varsavia, anche se la Nato si guarda bene da sciogliersi. Ma la fine della minaccia della guerra atomica diventa una rilegittimazione delle guerre convenzionali. Ed è singolare che quasi subito, fra il 1990 e il 1991, l’Occidente si precipita a fare la guerra del Golfo. Una guerra che era evitabile per via diplomatica, come oggi in Ucraina. Si poteva trovare una soluzione politica per restituire la sovranità al Kuwait. Ma l’Occidente approfitta dell’occasione per riappropriarsi dello strumento della guerra. Da allora gli Stati usano la loro sovranità per disputarsi il dominio con la guerra. Per questo io li ho chiamati Leviatani, nel libro che ho scritto sulla guerra in Ucraina, purché Leviatano è la parola che Hobbes ha dato allo Stato moderno. Purtroppo questi ultimi si stanno comportando da belve, da fiere, da mostri biblici, e si combattono l’uno con l’altro. Quindi uscire da questa situazione di guerra, da questo sistema di guerra, vuol dire riuscire a rovesciare l’impostazione politica, giuridica e culturale dei Leviatani, cioè degli Stati.
Mark Milley del Pentagono è stato esplicito: ‘Devono riconoscere entrambi che non ci sarà una vittoria militare, nel senso stretto del termine. E quindi è necessario volgersi verso altre opzioni’. Quali potrebbero essere?
Le altre opzioni sarebbero quelle di tornare alla situazione precedente alla guerra, senza però portare avanti la sfida, la minaccia della Nato fino ai confini rimasti sicuri della Russia. Quindi una neutralità della Ucraina, l’accettazione della convivenza in Europa, e anche una conversione dell’Unione europea, che non deve essere un blocco militare contrapposto a un’altra parte dell’Europa o, insieme con gli Stati Uniti, al resto del mondo, ma dovrebbe diventare secondo la sua vocazione un elemento di coesione e di incivilimento per sé e per tutto il pianeta.
Nel deserto della ragione, da un anno a questa parte, si è alzata forte la voce di Papa Francesco: “Folli, fermatevi”. I governati apprezzano, i governanti fanno finta di nulla.
I governanti seguono tutt’altri interessi, lo stiamo vedendo in questi giorni. C’è una singolare convergenza di interessi economici, ci sono le aziende che costruiscono le armi per distruggere l’Ucraina, e ci sono le aziende che si preparano a ricostruirla. E più armi si mandano in quel paese, più si distrugge l’Ucraina, più aumentano le occasioni di profitto, di investimenti, in una Ucraina che speriamo sia ricondotta alla pace. Quindi è perfettamente corretto quello che dice Papa Francesco quando predica contro la guerra, ripetendo sempre che prima di tutto bisogna fermare la produzione e il commercio delle armi. Perché il commercio delle armi è la premessa necessaria, e la più efficace, per la guerra.
Riuscirà l’entrata in scena di un attore importante come la Cina a sbloccare trattative diplomatiche che, di fatto, non sono mai partite?
Il problema della Cina è che vuole veramente aiutare la pace. Ma la Cina viene identificata oggi dalla maggiore potenza mondiale e nucleare, gli Stati Uniti, come l’ultimo nemico da battere. Questo non lo diciamo noi interpretando fonti politiche e ricostruzioni giornalistiche, ma lo sostengono la Casa Bianca e il Pentagono. Esistono due documenti: uno del 12 e l’altro del 27 ottobre dello scorso anno, in cui vengono definite la strategia della sicurezza nazionale e della difesa degli Stati Uniti, firmati dal presidente Joe Biden. Entrambi riferiscono che è in atto una competizione strategica, cioè una lotta all’ultimo sangue, per il dominio del pianeta. Lotta che dovrà arrivare a compimento entro il prossimo decennio. In questo contesto i due antagonisti principali degli Usa sono la Russia e la Cina. La Russia è considerata già sconfitta, non è presa neanche troppo sul serio. Invece quella che viene definita come la sfida culminante, la sfida suprema, è quella con la Cina, il nemico da battere. Con la vittoria definitiva degli Stati Uniti e dei loro alleati, e quindi siamo coinvolti anche noi, il mondo tornerà secondo il modello che gli Usa si propongono. Un mondo che viene definito attraverso tre caratteristiche: democrazia, libertà e libera impresa. Un modello politico, un modello antropologico e un modello economico, che poi è il capitalismo realizzato. Il paradosso è che solo la Cina sta proponendo una soluzione pacifica. Però l’Occidente ha già deciso che la Cina è l’ultimo nemico da sconfiggere. Una contraddizione insolubile. Sarebbe risolvibile solamente se gli Stati Uniti cambiassero le loro politiche, il loro progetto di dominio planetario.
Ad un anno di distanza dall’invasione dell’Ucraina, i media appaiono sempre soggiogati, immersi nella follia della guerra...
L’informazione è stata riportata ad un unico verbo, un’unica ortodossia, un’unica verità. È peggiorata, ed è peggiorato l’intero panorama dell’editoria. Ma non è una novità. Ricordo che nel 1987, in piena guerra fredda e con la minaccia dell’ecatombe nucleare dietro l’angolo, Gorbaciov andò a Nuova Delhi e incontrò il primo ministro dell’India, Rajiv Ghandi, poi ucciso in un complotto. I due leader, che insieme rappresentavano un quinto dell’umanità, firmarono una dichiarazione congiunta che si chiamava ‘Dichiarazione per un mondo libero dalle armi nucleari e non violento’. Era la prima volta che il termine ‘non violenza’ entrava in un documento ufficiale di grandi potenze militari e politiche. La dichiarazione di Nuova Delhi non venne nemmeno pubblicata in Occidente. Fu completamente censurata. Noi la pubblicammo nella rivista ‘Bozze 87’, ma nessun altro dette spazio a quel documento. Oggi come allora accade la stessa cosa, la censura la fa da padrona. Inoltre Putin ha fatto un grandissimo errore. Lui era legittimato a contrastare l’idea della Nato di allargarsi ad est lungo tutto il confine della ex Unione Sovietica. L’errore è stato quello di voler risolvere questo problema con il ricorso all’azione militare. Così si è potuta costruire questa narrazione secondo cui c’è un paese aggressore che è la Russia e un aggredito che è l’Ucraina. Il povero paese piccolo di fronte al grande colosso che lo vuole distruggere. Questa immagine del prepotente e della vittima ha esercitato, ed esercita, un grande ricatto su tutte le persone non violente. Un ricatto spirituale, morale, che funziona. Bisognerebbe invece interrogarsi su chi è veramente la vittima. Perché la vittima è il mondo, che sta per essere gettato in una guerra mondiale. Le trattative di pace sono l’unica strada per salvare centinaia di migliaia di persone.
Fra pochi giorni è prevista una nuova manifestazione a sostegno del cessate il fuoco, una ‘Staffetta per la pace’.
Manifestiamo, certo. Ma non basta cambiare le menti e i cuori della gente. Bisogna arrivare a cambiare le scelte dei governi, dei potenti. Scelte che si cambiano con la politica. Solo se riusciamo a far prevalere una politica alternativa, sconfiggendo le forze della prevaricazione, dell’imperialismo, del colonialismo, possiamo ottenere un risultato positivo.
Già anni fa Papa Francesco parlava di una terza guerra mondiale, a pezzi.
Ora non è più una guerra mondiale a pezzi. Quando sono coinvolte le più grandi potenze mondiali, quando gli Stati Uniti dicono che bisogna portare la Russia alla condizione di paria, perché questo è il programma iniziale enunciato da Biden quando è sceso in campo in appoggio all’Ucraina, la guerra fa un salto di qualità. Non so se Biden abbia abbastanza cultura da sapere cosa sono i paria. Appartengono al sistema indiano delle caste, e quella dei paria non è neppure una casta. Sono gli innominati, considerati meno che uomini, senza alcun diritto. Quando un fuori casta cammina per strada deve stare attento a camminare al centro della carreggiata, perché nemmeno la sua ombra vada ad inquinare la facciata delle case dei ricchi, di quelli delle caste superiori. Di fronte a questo scenario, che ha l’obiettivo di eliminare la Russia dalla comunità internazionale e poi mettere fuori gioco la Cina, noi dobbiamo fermare questa spirale distruttiva con la politica, non c’è altro modo.
Fonte: sinistrasindacale.it
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