Quella specie di amore tra Napoleone e Josephine
Elio Clero Bertoldi
"Napoleon", il film del regista inglese Ridley Scott, ha riportato in primo piano la storia d'amore appassionato del Còrso e di Josephine, la splendida creola che segnò con la sua bellezza più di un ventennio nella Francia a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento.
Napoleone Bonaparte (1769-1821) e Marie Josephe Rose Tascher de La Pagerie (1763-1814) vengono interpretati, nella finzione cinematografica, rispettivamente dagli attori Joaquin Phoenix e da Vanessa Kirby, lui più vecchio di lei, contrariamente alla realtà. Il film ha ricevuto critiche profonde da molti storici, non solamente per gli errori forse volutamente commessi dalla sceneggiatura (per licenza narrativa, pare), ma anche per come propone la "liaison" tra i due personaggi.
Che Napoleone avesse perso la testa per la "bella creola", nessun dubbio. In una lettera, inviata dall'Italia durante la guerra di conquista del nostro paese, vergò di suo pugno: "Non è passato un giorno che non t'amassi" e, morente, in esilio e prigioniero degli inglesi, sull'isola di Sant'Elena, raccontano abbia mormorato, sintetizzando la sua esistenza, queste ultime parole: "France, Armèe, Josephine" (Francia, Esercito, Giuseppina).
Quest'ultima, ad essere sinceri, se si esclude l'infatuazione e la passione dei primi momenti, non sembra essergli rimasta molto fedele. È vero che anche lui, in costanza del rapporto, non si fece mancare altre donne (il primo incontro col sesso lo avrebbe avuto con una prostituta, dicono), ma probabilmente lei, almeno a leggerne la biografia, sembrava più interessata - come le era riuscito altre volte con altri corteggiatori - a sfruttare per se stessa e per i figli il potere che le consentiva la relazione con un uomo sempre più potente ed in grado di aprirle ogni porta.
Il destino fece incontrare i due per puro caso. Negli anni turbolenti della Rivoluzione francese. La donna - nata a Le Trois Ilets in Martinica, non distante da Port Royal, figlia di ufficiale di fanteria della marina e di una nobildonna - rimasta vedova da pochi mesi (il marito, il generale Alessandro de Beauharnais, era stato ghigliottinato nel luglio del 1794 per aver parteggiato attivamente per il re Luigi XVI), invitata ad una cena - correva il 1795, in ottobre - si imbatté nel Còrso, rimasto incantato dalla venustà, dallo charme e dal brio della donna, legata sentimentalmente, in quel periodo, a Paul Barras, esponente di primo piano dei rivoluzionari (lo stesso che aveva lanciato nel panorama francese Bonaparte, affidando al giovane e sconosciuto ufficiale il comando nell'assedio di Tolone).
Pochi giorni più tardi il figlio di Giuseppina, Eugenio, appena tredicenne, si presentò a Napoleone, chiedendo di rientrare in possesso delle armi del padre ghigliottinato ed al quale erano state, con gli altri numerosi e cospicui beni, confiscate. Venne soddisfatto immediatamente. Joséphine colse l'occasione di farsi ricevere per ringraziare della cortesia il gentile benefattore. E l'incontro scatenò la scintilla fatale: nel marzo del 1796 i due erano già, con rito civile, marito e moglie, cerimonia celebrata nell'Hotel Mondragon. Un anello d'oro con la scritta "Al destino" fu il regalo dello sposo.
La fascinosa creola, all'epoca, portava magnificamente i suoi 32 anni (si era maritata a 16, alla ricerca di una sicurezza economica dopo che un uragano aveva distrutto le piantagioni di canna e la casa paterne in Martinica e dal Beauharnais aveva avuto, oltre ad Eugenio, anche una figlia, Ortensia), sebbene fosse più matura di sei anni rispetto allo spasimante. Il primo distacco si registrò in occasione della campagna d'Italia, affidata dal governo rivoluzionario a Napoleone.
Lei, incinta, rimase a Parigi, ma per le insistenze del generale ed in seguito all'aborto (che la rese non più fertile) si spostò, nel giugno del 1796 nel nord della penisola. Avendo convinto suo marito a lasciare un ballo prima del previsto, gli salvò la vita: gli austriaci avevano cospirato per ucciderlo, ma per quel contrattempo il piano fallì. E il generale definì sua moglie come "il mio portafortuna".
Seguì un nuovo allontanamento, quando Napoleone, ormai lanciatissimo in carriera, fu nominato comandante della Campagna d'Egitto. Durante l'assenza dello sposo esplose uno scandalo gigantesco nella capitale francese: Joséphine era, già dal tempo del viaggio in Italia, innamorata di un aitante e giovane capitano degli Ussari, Louis Hippolyte Charles. Quando la storia divenne di dominio pubblico, per sfuggire alle chiacchiere, quella che era stata soprannominata "Nostra Signora delle Vittorie" si rifugiò in campagna, acquistando la tenuta de la Malmaison alle porte di Parigi e quando ad ottobre il generale tornò da vincitore della battaglia delle Piramidi, lei lo accolse trepidante ed amorosa e lo seguì nelle Tuileries, nuova residenza ufficiale: Bonaparte diventato, col colpo di Stato, Primo console, lei ribattezzata dal gossip parigino la "consolessa".
Josephine, nonostante la ferma, forte e costante contrarietà del "clan Bonaparte" (in primis la suocera Letizia e la cognata Paolina), seppe giocare al meglio le proprie carte, facendo sposare la figlia Ortensia, al fratello più piccolo del coniuge: Luigi.
Nel frattempo, Napoleone aveva continuato a scalare il potere e, dichiaratosi imperatore (da oscuro ufficiale che era stato), volle porre lui stesso la corona di imperatrice sulla testa di Joséphine, con grande sfarzo in Notre Dame: uno splendido quadro di Jacques Luis David ha reso immortale la scena.
Subito dopo, anche per le insistenti pressioni del Vaticano, Napoleone impalmò la sposa pure con cerimonia religiosa. Pochi mesi più tardi, nel 1805, i due furono persino incoronati re e regina d'Italia.
Le implicazioni dinastiche condussero, tuttavia, più che i reciproci tradimenti, al naufragio del loro legame. Napoleone voleva, fortissimamente, un figlio che l'amata non poteva dargli, tanto che il generale, per dimostrare la propria virilità e la propria capacità di procreare, rese madre una delle dame di compagnia della sorella Carolina, Elenore Denouvelle de la Plaigne.
Il divorzio fu sancito alle Tuileries nel dicembre del 1809: Joséphine ammise, per iscritto, di non poter più partorire e che questa sua infelice condizione risultava di ostacolo al bene della Francia.
Neanche un mese dopo l'imperatore celebrava le nuove nozze con Maria Luisa d'Austria.
La "duchessa di Navarra" (il titolo attribuitole dopo il divorzio) pur avendo ottenuto, in cambio del suo passo indietro, l'Eliseo e le proprietà di Evreux in Navarra, si rinserrò nel suo piccolo regno della Malmaison, dove continuò la sua vita vivace, se non licenziosa e lussuosa, accumulando debiti ingenti, tutti saldati, prontamente e senza discussioni, da Napoleone. Forse senza capirne la portata, la creola fece in tempo a sapere della sconfitta dell'ex marito a Lipsia: a fine maggio del 1814 Josephine, appassionata di moda e di giardinaggio, si spense per le complicanze di una polmonite. Non aveva ancora compiuto 51 anni.
La stella di Napoleone collassò di lì a poco con l'amara sconfitta di Waterloo e la dolorosa resa finale agli inglesi. Ma il suo ultimo pensiero lo riservò alla donna che per prima gli aveva dato sicurezza in amore. In una missiva ad una congiunta Josephine aveva confidato: "Mi adora come se io fossi una dea..."
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