E mentre il popolo dibatte su vaccini e green pass, mentre il mondo dei social si chiede cosa vi sia dentro al vaccino, mentre discutiamo sulle scuole, insegnanti e professori, accessi limitati, DAD mai più o forse sì, escono fuori quelle notizioline che sembrano piovute dal cielo, leggere leggere, quasi inosservate ma che pesano come macigni e che ti fanno capire in che razza di mondo questa nazione, questa città di Perugia sia finita.
Sono quelle notizie che dovrebbero indignarci ma che finiscono, lisce come l'olio nel dimenticatoio. 
Succede a Perugia in uno dei processi per mafia che da sette anni riempono le aule del tribunale. In 56 sono alla sbarra da 2 mila e 500 giorni per quella che era sta denominata "Quarto Passo": i capi d'accusa vanno dall'associazione per delinquere di stampo mafioso, ricettazione, estorsione, traffico di droga, truffa, usura. Secondo l’accusa sarebbero tutti appartenenti a un presunto clan mafioso che voleva mettere le mani sull’economia nel territorio perugino.
Una di quelle storie di mafia e di delinquenza organizzata che ha fatto paura sette anni fa e che ancora non ha trovato la parola fine e che probabilmente non la troverà tanto facilmente.

Oggi doveva riprendere il processo per 56 persone: tutto pronto, aule sanificate, controlli messi a punti, avvocati, PM, dattilografe, tutti presenti... ma si rinvia per un problema tecnico. L'impianto microfonico e di registrazione è fuori uso, non funziona e non permette di rendere giustizia nel modo giusto.
Tutti a casa e si ricomincia, quando non si sa, ma si ricomincia. Il problema è che tutto funziona on line, con l'apporto tecnico e controllo da Roma e quindi nessuna possibilità di intervento. Tutti a casa.
Ai 2mila e 500 giorni di attesa per sapere se gli imputati sono colpevoli o innocenti ne aggiungeremo un'altra manciata, sempre che la prossima volta tutto funzioni alla perfezione, che non ci siano problemi o che se ne trovino di nuovi. La giustizia è questa, ci sarebbe da ridere per come funziona e invece non ci resta che piangere. 

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