Quante altre morti prima che il dissesto idrogeologico diventi una priorità?
Non hanno fatto in tempo a spedirla: la nuova tragedia che ha colpito l'Abruzzo e tutto il Sud è arrivata prima, quando ancora in Sardegna non hanno finito di spalare fango. E altre tragedie arriveranno, altre vittime, altri disastri se la mitigazione del rischio idrogeologico non diventerà una priorità per l'Italia, a partire dalla legge di stabilità. E' questo il contenuto di una lettera indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri Enrico Letta, scritta congiuntamente dai presidenti di diverse associazioni ambientaliste, di categoria e dei consigli nazionali degli ordini professionali, tra le quali figura il Club alpino italiano.
Il Presidente del CAI Umberto Martini e gli altri presidenti scrivono che «le politiche per la prevenzione e la mitigazione del rischio idrogeologico devono diventare la prima grande opera pubblica per l'Italia». Partendo da due richieste precise che sono state sottoposte al premier: in primo luogo la deroga al patto di stabilità «per consentire alle amministrazioni locali di mettere in campo gli interventi previsti dai Piani di bacino e dalla pianificazione di settore per la mitigazione del rischio idrogeologico nei loro territori», azione definita «prioritaria».
In secondo luogo «l'aumento della somma prevista dall’attuale legge di stabilità (180 milioni di euro per i prossimi tre anni) stanziando almeno 500 milioni di euro all’anno da destinare ad un’azione nazionale di difesa del suolo che rilanci la riqualificazione fluviale, la manutenzione ordinaria e la tutela del territorio come elementi strategici delle politiche di prevenzione». «Non bisogna attendere il verificarsi di tragedie come quella avvenuta in Sardegna per agire in questo senso – ha dichiarato il Presidente generale del CAI Umberto Martini – Se tutte le risorse spese per riparare i danni causati dall'incuria dell'uomo fossero state investite per prevenire tali eventi, oggi avremmo un'Italia più gradevole e più sicura».
Le associazioni si chiedono quanto bisognerà ancora aspettare per «scongiurare interventi normativi che prevedono la costruzione di nuovi milioni di metri cubi di case, uffici, alberghi in aree oggi inedificabili o persino sottoposte a vincolo idrogeologico e archeologico».
Fonte: liberazione.it
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