Il provvedimento legislativo adottato dal Consiglio dei ministri sull’annosa questione delle Concessioni Balneari è l'ennesimo graffio su una tela già abbastanza ricca di sgorbi.

La soluzione trovata è una banale ed ennesima proroga al 2027, ma probabilmente anche al 2028, con tanti saluti alla sentenza dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 2021 che aveva imposto lo stop alle proroghe.

Inquietante anche il provvedimento sugli indennizzi ai vecchi concessionari che, a quanto pare, prevederebbe una vera e propria asta al rialzo con lo stabilimento che andrebbe al miglior offerente con buona pace, in questo caso, delle proposte che andavano in direzione di offerte qualitativamente e ambientalmente migliori.

Infine, l'ampia discrezionalità e #responsabilità lasciata ai Comuni, liberi di anticipare le procedure di trasparenza amministrativa e di pretendere il ripristino dello stato dei luoghi, misure che ovviamente risentiranno del colore politico e delle forti pressioni degli imprenditori sulle giunte dei piccoli comuni costieri. Insomma, un modo per lasciare il cerino in mano al soggetto più debole senza neppure riconoscergli una quota significativa delle entrate dal canone concessorio aumentato di un ridicolo 10%.

Riguardo le occasioni perse, nessun riferimento nel provvedimento al drammatico tema dell’erosione costiera accentuato dagli eventi meteo estremi e che sta consumando la risorsa spiaggia del nostro litorale.

Anche in questo caso si sarebbe potuto dimostrare maggior coraggio nell'indicare criteri univoci e coerenti validi per tutto il territorio nazionale nella definizione dei bandi di gara, che tenessero conto in primo luogo della #qualitàambientale dell'offerta.

Resta da vedere se la soluzione partorita dal Governo Meloni, sulla quale si sarebbe acquisito il benestare da parte della Commissione europea, supererà il vaglio dell'Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato che ha già avviato numerose procedure di contestazione nei confronti dei Comuni che non hanno ancora avviato i bandi e, non da ultimo, la firma del Quirinale.

Così si legge in una nota diffusa da Legambiente 

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