Il gruppo consiòliare Pd ha diramato una nota dio protestaa contro la decisione del governo Monti di chiudere la Provincia di Terni, creando difficoltà all’Umbria e di salvaguardare invece alcune altre Province come Sondrio e Belluno. Eccone il testo:

“L’iter di riforma che ha riguardato le Province è ormai giunto al suo approdo parlamentare. Questo ci consente di tracciare una riga sullo stato dell’arte, al netto delle discussioni che ci hanno animato in questi ultimi mesi, esplicitando in modo chiaro i rischi che questo provvedimento comporta per il territorio ternano e per l’Umbria.

 

Innanzitutto vanno sfatate alcune presunte certezze che alcuni, pur da posizioni di rilievo istituzionale, continuano ad esplicitare nella consapevolezza che la realtà è ben diversa: le province in quanto Enti di rango costituzionale non vengono soppresse. È evidente anzi che queste vengono indicate come snodo istituzionale fondamentale su materie di area vasta di grande impatto per i cittadini e il sistema economico come infrastrutture, scuole e ambiente. Quello che è in discussione quindi non è provincia si o provincia no ma per quello che ci riguarda la scomparsa della Provincia di Terni.

 

Una cancellazione per decreto che impone all’Umbria, pur avendo tutte le caratteristiche demografiche e dimensionali per avere due province, così come previsto dalla riforma, la soppressione della sola Provincia di Terni  costringendo la Regione a trasferire deleghe amministrative fondamentali ad un nuovo ente con il suo stesso territorio. Un non senso organizzativo oltre che istituzionale, che non giova a nessuno se non a dar fiato al disfattismo di maniera che serpeggia in vasti settori dell’opinione pubblica e soprattutto a chi investe sul sensazionalismo o la protesta come fonte di legittimazione personale o politica.

 

Pensiamo sia una scelta sbagliata per Terni e il suo territorio, ma soprattutto per l’Umbria e per la sua tenuta futura. Una Regione che nasce e prospera grazie a due poli di riferimento che sono stati e continuano ad essere complementari nelle politiche di sviluppo. La perdita di rango di capoluogo per una città come Terni ha conseguenze per tutto il sistema sociale ed economico umbro. Una città che vanta caratteri unici per la concentrazione di multinazionali, per essere crocevia e snodo di infrastrutture strategiche per l’intero centro Italia, per essere di fatto territorio cuscinetto fra l’interland Romano e una vasta area geografica che si estende fino all’Adriatico  Una città di 110 mila abitanti, un sistema territoriale strategico e variegato per caratteri di sviluppo come quello che va dal Comune di Ferentillo al comune di Fabro passando per il narnese amerino, la Centrale Umbra e Orvieto, non possono essere trasferiti per decreto senza che questo sia il frutto di una maturazione politica e culturale che investe tutti i gangli della società Umbra.

 

Un tema quest’ultimo posto correttamente dal Sindaco di Terni Di Girolamo, in qualità di presidente del Consiglio delle Autonomie Locali e condiviso da tutti comuni umbri e dalla Regione. Purtroppo quanto proposto dall’Umbria è rimasto inascoltato da un Governo più sensibile alle lobby microterritoriali e parlamentari rispetto a chi, seguendo procedure corrette e trasparenti, ha avanzato proposte sensate e coerenti allo sforzo di riforma e semplificazione di cui ha bisogno il nostro Paese a tutti i livelli.

 

Crediamo sia determinante che il Parlamento si pronunci sulla deroga a quanto previsto dal decreto rispetto alla vicenda umbra. Un silenzio in questo momento verrebbe ricordato dagli umbri come colpevole e illogico in rapporto ad altre scelte molto discutibili che ben poco hanno di tecnico come nel caso di Belluno o Sondrio. Non chiediamo di salvare poltrone, discussione già superata visto che le Province saranno enti di emanazione comunale. Chiediamo di accendere in Parlamento i riflettori su Terni e l’Umbria, in un momento in cui oltre al rango di capoluogo per Terni, si giocano partite delicatissime per il futuro industriale ed economico.

 

Una regione l’Umbria che, seppur piccola, ha tratto il suo equilibrio dalla ricchezza diffusa delle sue identità territoriali. Tutti i cittadini umbri sanno che qui nessuno li ha mai lasciati soli di fronte alle difficoltà, grazie ad una capillare distribuzione di servizi e ad una classe dirigente amministrativa oltre che politica consapevole della difficoltà di tenere insieme l’esigenza di tagli con quella di mantenere coesione sociale e diritti. Il settore pubblico in Umbria, più che in altre parti, è stato ed è uno dei principali comparti economici e come tale va trattato. Perdere anche solo un posto di lavoro per un territorio come quello ternano in questo momento significa aggravare ulteriormente una crisi dalla quale non si può uscire solo con provvedimenti ad effetto.

 

Dalla crisi profonda che stiamo attraversando, si esce solo con una rinnovata coesione sociale e civile di cui le istituzioni tutte a partire dal Parlamento devono farsi interpreti senza per forza abdicare a scorciatoie, sicuramente d’impatto ma altrettanto sicuramente dannose e di corto respiro”.

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