Provincia. Un Consiglio aperto ricorda nascita prima assemblea provinciale
La Provincia ha ripercorso la sua storia istituzionale questa mattina durante un Consiglio provinciale aperto, con un occhio al futuro. Si è svolto infatti nella sede di Piazza Italia l’incontro dal titolo: “18 giugno 1952, il ritorno della democrazia. A 60 anni dalle elezioni democratiche del Consiglio provinciale il ruolo delle rappresentanze degli enti locali”.
Dopo il saluto del presidente del Consiglio provinciale Giacomo Leonelli, ci sono stati gli interventi di Maurizio Terzetti, funzionario dell’Ente, di Gian Biagio Furiozzi, professore di Storia contemporanea e di Mauro Volpi, docente di Diritto costituzionale.
“Stiamo celebrando i 60 anni dal primo insediamento del Consiglio provinciale – ha esordito Leonelli – uscivamo dalle ferite della guerra, le migliori energie di allora si erano messe insieme per ricostruire lo Stato. I nostri predecessori mai avrebbero rinunciato alla democrazia”. “Oggi lo schema è ribaltato – ha continuato – la riforma dell’Ente ci riporterebbe indietro di 60 anni. Chiediamo un’ulteriore riflessione al Governo: vogliamo tornare a confrontarci con il popolo, nessuno di noi vorrebbe essere solamente nominato”. Terzetti ha poi letto i nomi dei componenti del Consiglio di tanti anni fa e ha descritto il clima politico dell’epoca, anche spiegando un intervento del presidente del Consiglio di allora Mario Angelucci.
Lo storico Furiozzi ha compiuto un excursus della storia della Provincia, partendo dall’Unità d’Italia per arrivare allo storico primo Consiglio. “Anche allora la vita era difficile, alta la disoccupazione. Ma fondamentale era la ripresa della vita democratica: Perugia e l’Umbria hanno conosciuto, anche grazie ai loro amministratori, un innegabile progresso”. “L’Ente Provincia – ha aggiunto Volpi – non è una cosa artificiale, esiste in 17 paesi europei. Il Consiglio negli ultimi anni è stato indubbiamente svalutato”. Volpi ha poi commentato la riforma: “Anche se si attuasse – ha aggiunto - ci sarebbero contrasti con altre leggi costituzionali”. “E’comunque necessaria una rivalutazione complessiva - ha concluso - a cominciare dalle Regioni. Sì agli accorpamenti delle Province, ultimamente ne erano state create troppe. Tagliamo infine gli enti intermedi, davvero questi fonte di sprechi”.
“Una ricorrenza – ha detto il capogruppo provinciale del Psi Enrico Bastioli - che rischia di trasformarsi in un commiato, qualora si arrivasse allo svuotamento delle province che hanno rappresentato e rappresentano da 150 anni i territori umbri e da 60 la garanzia democratica delle istituzioni di governo. Tutti avvertiamo l’esigenza la necessità di snellire radicalmente il nostro sistema pubblico, ma è inaccettabile la trasformazione di un ente di secondo livello di un istituzione eletta dal popolo e non toccare le migliaia di enti, agenzie e società dove realmente si annidano sprechi e costi della politica”.
“Noi – sono le parole del capogruppo provinciale del Pdl Piero Sorcini - non abbiamo nessuna intenzione di difendere se stessi e il proprio posto in Provincia. Ma vorremmo che la discussione sul futuro avvenga sui potenziali benefici che una riforma delle province possa realmente portare ai cittadini. Scegliere i futuri consiglieri e il presidente tramite nomina degli consigli comunale è un passo indietro e non avanti”.
“Io faccio parte – ha sottolineato il capogruppo provinciale dell’Idv Franco Granocchia - di un partito che ha chiesto l’abolizione delle Province: una scelta politica che può piacere oppure no. Ma ora ci troviamo a discutere su un futuro nettamente peggiore per i territori e la politica: province che rimangano ma addirittura con presidenti e consiglieri nominati dai consigli comunali. Ovvero la peggiore partitocrazia. Il nostro appello è rivolto a tutti per tornare a fare la politica vera e per i cittadini, solo così si mette al sicuro il sistema democratico”.
“Dobbiamo ritrovare - ha evidenziato il capogruppo provinciale del Pd Giampiero Rasimeli - le giuste energie per definire l’unico vero e importante nodo della questione della riforma delle province: ovvero le future competenze, i servizi e gli strumenti da attribuire con qualsiasi forma di governo che verrà decisa dal Parlamento. C’è in gioco una istituzione che comunque vada sarà chiamata a svolgere dei servizi ai cittadini. E questo va al di là delle discussioni politiche che comunque abbiamo legittimamente fatto in questi mesi”.
“Come spesso capita in Italia – ha evidenziato il capogruppo provinciale del Prc Luca Baldelli - non ci troviamo di fronte ad una riforma ma ad una vera contro riforma del sistema delle istituzionali locali. E’ un atto punitivo verso le province considerate enti spendaccioni e inutili, quando in realtà svolgono un servizio unico di area vasta e di equità per i territori. Ci sarà un caos e una difficoltà a portare avanti i compiti delle province con piccole unioni dei comuni e con una regione che è vocata a legiferare e non certo ad essere esecutiva negli interventi”.
Per l’assessore regionale Fabrizio Bracco, presente in sostituzione del presidente Catiuscia Marini, “La Regione al momento è stata costretta a congelare la parte riguardante la riforma delle province umbre. Dobbiamo aspettare una legge nazionale dove si diano indicazioni per procedere e su come a sua volta la Regione deve ridistribuire competenze. Le Unione dei Comuni non saranno concorrenziali alle nuove province come previste dal Governo Monti”.
“Noi come Pdl – ha infine affermato il vicepresidente del Pdl alla Camera dei Deputati, Pietro Laffranco - avevamo sollecitato nel 2008 l’abolizione delle province, sbagliando. Poi è stata ripresa dal Terzo Polo e dall’Idv. La discussione è talmente scemata che la soluzione di un enti di nominati è la peggiore di quella mai intrapresa fino ad ora. Ma dobbiamo metterci in testa che non possiamo permetterci una macchina dello stato così pesante: serve mobilità dei dipendenti pubblici e stop ai concorsi”.
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