TORINO - Si e' aperta e si e' chiusa dopo pochi minuti l'ultima udienza del processo in Corte di Assise per il rogo dell'acciaieria ThyssenKrupp, nel quale, la notte del 6 dicembre 2007, a Torino, morirono sette operai. Dopo le controdeduzioni dell'avv. Ezio Audisio, legale della difesa, che ha sostenuto che Harald Espenhahn, amministratore delegato della societa' tedesca, principale imputato del processo, ''non e' un cinico assassino'', la Corte di Assise si e' ritirata in camera di consiglio per la sentenza, prevista per stasera tardi.

Sono sei gli imputati nel mirino dell'accusa - Sei gli imputati chiamati a giudizio dall'accusa, sostenuta dai pm Raffaele Guariniello, Laura Longo e Francesca Traverso, che hanno chiesto in tutto 79 anni e mezzo di reclusione ipotizzando, per la prima volta in Italia in un incidente sul lavoro, il reato di omicidio volontario con dolo eventuale nei riguardi di Espenhahn. 

La pena chiesta per  l'amministratore delegato: 16 anni e mezzo - Per lui sono stati chiesti 16 anni e mezzo di reclusione; 13 anni e mezzo sono stati chiesti per Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, e nove anni per Daniele Moroni. Per la ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni spa e' stato chiesto un milione e mezzo di multa, il blocco e la revoca di finanziamenti e sovvenzioni, lo stop a qualsiasi pubblicita' per un anno, la pubblicazione della sentenza su quotidiani internazionali, il pagamento di 800 mila euro come ''prezzo del reato'', ovvero l'equivalente della somma che la societa' doveva spendere se avesse collocato un impianto di rilevazione incendi sulla linea di produzione andata a fuoco.

Un processo che passerà alla storia - Sette vittime, sei imputati, ottantotto udienze effettive (compresa l'ultima di questa mattina), un'accusa mai contestata prima d'ora per una tragedia sul lavoro: ecco il processo Thyssenkrupp, una causa che, comunque vada a finire, e' destinata ad entrare nella storia della giurisprudenza italiana. La Procura di Torino, con una mossa senza precedenti, ha deciso di procedere per omicidio volontario e non, come si e' sempre fatto in casi di incidenti sul lavoro, per omicidio colposo: e cosi' ha chiesto 16 anni e mezzo per l'imputato principale, l'ad Herald Espenhahn. La formula, in termini giuridici, e' quella del ''dolo eventuale'': la morte dei sette operai della Thyssenkrupp di Torino, arsi vivi da ''un'onda anomala di fiamme'' (la testimonianza e' dell'unico sopravvissuto, Antonio Boccuzzi) che si era innalzata dalla linea 5 dell'acciaieria, e' dovuta - secondo l'accusa - alla negligenza consapevole di chi, dovendo investire sulla sicurezza antincendio, non lo ha fatto, ''accettando il rischio'' di un incidente. I giudici della Corte d'assise di Torino (due togati, sei popolari) dovranno sciogliere un nodo particolarmente intricato: dovranno capire, leggendo le carte processuali ma soprattutto esplorando la psicologia dei protagonisti, se un imprenditore, un capitano di industria o un amministratore delegato possono trasformarsi in veri e propri killer se rinunciano a prendere dei provvedimenti per la propria azienda. Ed e' anche per questo che la sentenza di oggi finira' per influenzare i manuali di diritto, le norme, le leggi, l'organizzazione del lavoro. La Thyssenkrupp, per allontanare lo spettro dell'omicidio volontario, ha messo in campo alcuni fra i migliori avvocati italiani.

La difesa di Espenhahn: "Non è un assassino" - Franco Coppi, in aula, ha tenuto una lezione per dimostrare che l'accusa e' senza senso: non si puo' - ha detto - accomunare il manager di un'acciaieria a un bandito che spara all'impazzata dopo una rapina. I suoi colleghi penalisti si sono spinti piu' in la': Andrea Garaventa ha parlato di ''processo politico'', Nicoletta Garaventa di ''desiderio di vendetta'' e di ''gogna mediatica'', Mauro Audisio di ''suggestione''.

I Pm però non cedono: "Espenhahn posticipò le spese per la messa in sicurezza" - Ma la squadra dei pm capitanata da Raffaele Guariniello non ha fatto marcia indietro: ''Se il dolo eventuale non c'e' in questo caso allora non esiste - hanno detto Laura Longo e Francesca Traverso - perche' mai come in questo caso c'e' stata la volonta' forte di accettare il rischio''. Espenhahn, spiegano, posticipo' di un anno gli investimenti antincendio su Torino ''pur avendone programmata la chiusura'', e rinvio' gli interventi sulla linea 5 al momento del suo trasloco a Terni. Mentre gli operai continuavano a lavorare ''in condizioni di crescente abbandono e insicurezza''.

 

 

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