di Luigi Manconi

Cosa c’entrano Mimmo Lucano e Riace con Cutro e le morti in mare? Alla manifestazione dell’11 marzo in Calabria organizzata dopo il naufragio ho notato due cose: la presenza di Mimmo Lucano e una croce di legno costruita con i rottami della nave naufragata.

Mi è sembrato strano vedere quel simbolo religioso cristiano davanti a morti probabilmente di altra religione. Poi ho riflettuto e ho pensato che quella croce non rappresentava il simbolo della cristianità, ma un elemento sacro, che il tema della morte sempre induce a cercare, condividere, ad abbracciare.

Ma per evitare le stragi in mare l’accoglienza non basta. Non basta non respingere, non basta semplicemente varchi nei muri e nelle frontiere. Non basta, perché in Italia l’accoglienza e il suo sistema arrivano a comprendere anche le strutture del controllo e della repressione.

Quindi la categoria di accoglienza ha una sua ambiguità e rischia di poggiare su un’altra parola altrettanto ambigua: solidarietà. Perché la solidarietà rischia costantemente di riprodurre una condizione asimmetrica, dove c’è qualcuno che è più in alto e
che elargisce qualcosa del proprio superfluo a qualcuno collocato più in basso.

Alla parola accoglienza propongo come alternativa l’ospitalità, che presuppone reciprocità, scambio, mutualità. 

E Riace secondo me, esemplarmente, la reciprocità l’ha messa in atto nel modello di sviluppo creato in quel territorio, dove la crescita e il benessere degli ospitati corrispondevano alla crescita e al benessere degli ospitanti.

Di questo e di altro si parla nel libro ‘Processo alla solidarietà. La Giustizia e il caso Riace’, edito da Castelvecchi editore, presentato ieri a Napoli, all’Istituto Italiano Degli Studi Filosofici.

Fonte: Facebook

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