di Giovanni Russo Spena

Come giuristi sappiamo che le tecniche per assicurare maggiore stabilità non mancano. Siamo disponibili. Ma siamo convinti che l'obiettivo del governo non sia la stabilità, ma l'assolutismo. L'elezione popolare diretta del capo dello Stato travolgerebbe tutti gli equilibri costituzionali. Chi svolgerebbe i ruoli di garanzia e di potere neutrale oggi svolti dal Quirinale? La crisi dell'istituzione francese non ci dice nulla?

Con l’incontro convocato dalla Meloni rivolto ai partiti parlamentari di opposizione inizia, di fatto, un percorso tecnicamente eversivo della Costituzione. Ma anche politicamente eversivo; fu Calamandrei ad insegnarci che quando si discute di Costituzione se ne deve parlare in Parlamento; e i banchi del governo devono restare vuoti. Ora addirittura la presidente del Consiglio Meloni assume l’iniziativa e ne detta modi, tempi, regia. Con la proposta Meloni muta profondamente la forma/Stato. Inizia il passaggio alla Terza Repubblica , postfascista, nazionalista, populista di destra. Le Costituzioni, infatti, non vanno giudicate solo articolo per articolo; vanno interpretate all’interno del loro impianto complessivo. E, allora, la proposta presidenzialista del governo va letta in un combinato disposto con il decreto Calderoli sulla cosiddetta “autonomia differenziata” e con la legge elettorale fortemente maggioritaria. Mutano profondamente le forme della rappresentanza e alcuni cardini della legalità costituzionale.È evidente, infatti, che, nel disegno governativo, un Paese frantumato in venti staterelli che esaltano il proprio egoismo territoriale ha bisogno, come unico strumento disciplinare, autoritario e unificante, del “comando” assoluto dell’uomo (o della donna). Questo è l’obiettivo di Giorgia Meloni anche come pedagogia di massa, per convincere il popolo. La partecipazione popolare viene sostituita dalla delega assoluta data da un popolo inerte. Sono contrario al sistema presidenziale  anche per un bilancio dei sistemi internazionali. Esso rende evanescenti i Parlamenti e indebolisce oltremodo tutti gli istituti di garanzia costituzionale, a partire proprio dal presidente della Repubblica che, da garante, diventa assoluto protagonista. Meloni sostiene che, anche se non vi fosse un accordo largo sulle soluzioni, comunque andrà avanti. Noi dovremo, allora, fin da ora, prepararci ad una possente campagna civica sull’eventuale referendum confermativo. Il popolo italiano, non dimentichiamolo, ha sempre votato NO ai tentativi berlusconiani e renziani di stravolgere l’impianto della Costituzione, fondativa della Repubblica, Sono convinto che sbaglia chi, nel centrosinistra, sostiene che il progetto costituzionale della Meloni sia solo un diversivo propagandistico per nascondere le incapacità del governo. Esso, invece, va preso sul serio; studiato nella sua pericolosità, contrastato alzando anche il livello scientifico della discussione. Non a caso tenta di abbattere la Costituzione un partito postfascista che alla Costituzione non ha mai creduto, sentendola nemica. Qui, allora, si cela anche un grande tentativo di revisionismo storico, contro la Resistenza, contro la Liberazione dal fascismo. È questa la filosofia della deriva autoritaria. I contenuti della proposta presidenzialista, tra l’altro, non sono affatto definiti. Sono volutamente fumosi.

Seguiremo, con Left, passo dopo passo il confronto, il percorso. Il “premierato”, infatti, è molto diverso dal “presidenzialismo”. Il premierato (il presidente del Consiglio eletto dal popolo) è formula del tutto inedita. E si può anche realizzare senza l’investitura diretta popolare. Il sistema tedesco, ad esempio, prevede la cosiddetta “sfiducia costruttiva”; possono essere rafforzati i poteri del governo attraverso regolamenti parlamentari, ecc. Come giuristi sappiamo che le tecniche per assicurare maggiore stabilità non mancano. Siamo disponibili. Ma siamo convinti che l’operazione del governo non sia la “stabilità”, ma l'”assolutismo”. L’elezione popolare diretta del capo dello Stato travolgerebbe tutti gli equilibri costituzionali. Chi svolgerebbe i ruoli di garanzia e di potere neutrale oggi svolti dal Quirinale? La crisi dell’istituzione francese non ci dice nulla? Per una riforma costituzionale seria, invece, occorrono anni di confronto, partecipazione popolare, concorso plurale di tutti i saperi. Gianni Ferrara, grande costituzionalista e grande amico di Left da poco scomparso, ha scritto nel suo ultimo testo che le Costituzioni si cambiano solo con le guerre o con le rivoluzioni. Concordo molto con il mio maestro.

Fonte: Left

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