Precisazioni sul presidio al carcere di Terni di sabato scorso
TERNI - Siamo stati il pomeriggio di sabato davanti al carcere di Terni per portare solidarietà ai detenuti ristretti in quella istituzione totale, in condizioni che associazioni che si occupano dei diritti umani definiscono inumane. E’ stato un momento importante ed anche emozionante, parlare, gridando, con detenuti isolati dalla città, portare loro solidarietà per le condizioni in cui sono costretti a vivere, salutare da lontano quelle persone le cui mani uscivano dalle celle per rispondere ai saluti di chi ha voluto passare un pomeriggio con loro. Musica, parole e poi anche una “battitura” delle sbarre esterne dal carcere, per farsi sentire e farli sentire meno soli ed isolati. Fumogeni, rauti e fuochi d’artificio prima di andare via, ma nessuna bomba carta e nessuna tensione, né volontà di scontro con i tanti, troppi agenti presenti, a meno che il problema sia manifestare davanti ad un carcere, ma questo lo permette la nostra Costituzione.
Tra l’altro le forze di polizia filtravano i due lati della strada delle Campore, per cui chi ha partecipato al presidio è passato in mezzo a decine di agenti, filmato e fotografato, senza che ci fosse nessun problema. Non è stata dunque una giornata di tensione, ma di festa, per riallacciare un rapporto necessario a tutti tra la città ed il carcere e per non lasciare soli i detenuti, almeno per un giorno.
Andando via dalle finestre ci hanno chiesto di ritornare e noi abbiamo promesso che torneremo a vigilare e solidarizzare e a denunciare le condizioni di detenzione. Il carcere di Terni è una struttura moderna completamente separata dalla città, persa tra qualche fazzoletto di verde nella zona industriale di Sabbioni, tra l’inceneritore, la Thyssenkrupp e i magazzini industriali e la separazione urbana del carcere dal resto della città rischia di allontanare il diritto a quel rapporto storico che c’era tra la città ed i detenuti, con i rischi che le principali associazioni che si occupano di diritti umani denunciano.
E’ essenziale dunque portare la voce della città ai detenuti, ristretti in spazi che solo la media rende accettabili, ma le cui pesanti condizioni ci vengono ricordate anche dal tragico suicidio di un detenuto il 24 gennaio scorso. Condizioni aggravate anche dalla pesante crisi economica e di austerity per cui le strutture carcerarie sono le prime a subire tagli al diritto allo studio ed al lavoro dei detenuti o anche riduzioni del tempo di aria per la mancanza del personale di sorveglianza.
Infatti se gli ultimi dati parlano di 356 detenuti per 456 posti sappiamo che questo è solo un dato statistico, dovuto all’apertura di un nuovo padiglione sostanzialmente vuoto, infatti le condizioni nelle celle non sono dissimili dal resto d’’Italia. Denunciamo inoltre Un altro fatto gravissimo: nella “democratica Umbria” non esiste il garante dei diritti dei detenuti, istituito dalla regione nel 2006 ma a tutt’oggi ancora mai nominato, fatto che rende ancora più pesanti e senza tutela le condizione dei detenuti e la rivendicazione dei loro diritti. Ricordiamo che la nostra Costituzione non prevede il carcere con finalità punitive, ma di reinserimento nel contesto sociale.
Abbiamo già citato la frase di Voltaire “non parlarmi dei tuoi palazzi, parlami delle tue galere” per giudicare la civiltà di un paese. Ci piacerebbe si parlasse di carcere non come pattumiera sociale o come rimosso delle nostre cattiva coscienza. L'Italia viola da anni i diritti dei detenuti tenendoli in celle dove hanno a disposizione meno di 3 metri quadrati. Ricordiamo che solo all’inizio di gennaio la stessa Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato il nostro Paese per trattamento inumano e degradante, imponendo allo Stato di pagare, a sette detenuti, un ammontare totale di 100 mila euro per danni morali e ha dato al nostro Paese un anno di tempo per rimediare alla situazione carceraria. Lo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha commentato "La sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo rappresenta un nuovo grave richiamo" per l'Italia ed è "una mortificante conferma della incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena".
Centro sociale G. Cimarelli, Comitato No Debito-lettera dal carcere di Terni (fb), Confederazione Cobas TR
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