PIOGGIA CLIMA POLITICA. OPERAI SCIOPERI E CONFLITTI
di Vito Nocera
Fragili contorsioni post elettorali si intrecciano con il dramma dell’Emilia Romagna sommersa dalle acque.
Un paesaggio quasi spettrale che evoca antichi cataclismi.
La terra avverte a modo suo che l’antropicità di cui è fatta oggetto è sempre meno sostenibile.
Ovviamente ognuno ha una ricetta propria.
Esperti e tecnici ne sanno qualcosa in più ma spesso manca loro l’idea di come poter poi metter in atto le cose che hanno imparato e sanno.
A loro sembra semplice, non vedono gli interessi, i contrasti, i conflitti, che anche sul territorio si disputano all’ultimo sangue.
Meno di loro comprende buona parte dell’attuale classe politica.
Quelli del governo sembrano scoprire ora che governare vuol dire appunto gestire cose complesse, e questo non vale solo al governo centrale.
Singolare coincidenza proprio in queste ore si è votato per tanti governi locali, e tra due settimane sono previsti i ballottaggi.
Sarebbe interessante andare a spulciare i programmi con cui ci si è presentati al voto
Non solo però i programmi.
Se un novello Pasolini facesse oggi un suo giro d’Italia per chiedere ai tanti candidati - a centinaia e centinaia - che hanno affollato le liste che consapevolezza avessero del significato del governare ne verrebbe fuori probabilmente una inchiesta illuminante.
Molti non hanno la benchè minima idea di quanta presenza e impegno richieda l’esercizio della funzione di governo, ancor più a livello locale.
Qualche sera fa, al Giffoni Multimedia Valley, parlavamo delle giunte Valenzi, che guidarono Napoli dal 1975 al 1983.
Veniva lì fuori, anche col contributo del bel film di Alessandro Scippa, tutta la passione politica totalizzante e il sacrificio di un gruppo di persone che si assunsero in quegli anni il compito gravoso di amministrare una Napoli uscita dal colera, e che di lì a poco si sarebbe incrociata con la terribile frustata del terremoto del 1980.
Senza persone così votate al sacrificio, anche di se stesse e dei propri affetti più cari, difficilmente si governano le comunità, ancor più oggi che i fenomeni ambientali e sociali si sono fatti ancora più complessi.
E però, qui si ritorna a bomba, persone così non è che nascono all’improvviso.
Le produce il contesto, il conflitto che si svolge nella comunità, la lotta politica e sociale anche su differenti e opposte visioni del mondo, i grandi movimenti.
E infatti quella stessa spinta che sorge nel 75 a Napoli, poggiando anche su certe specificità partenopee, si produce anche a Torino, a Roma e in tante altre citta.
All’origine di quella stagione c’era il biennio 68 - 69, la contestazione degli studenti, l’autunno caldo operaio, il referendum sul divorzio del 1970.
E mille altre cose che da lì presero l’abbrivio: lotte per la casa, contro il caro affitti, autoriduzione delle bollette, disoccupati che, per la prima volta, imitando i consigli di fabbrica operai si organizzano in comitati.
Per questo il dibattito odierno sul tema della emergenza climatica mi appare come uno inutile stormir di fronde, che quelle almeno fanno poesia, qui nemmeno questo.
Chiacchiericcio politicista privo di ogni possibilità di fare massa critica.
Qualcuno tra loro tenta perfino di buttarla in politica(si fa per dire) additando questo o quel responsabile, ignorando che semmai responsabili lo sono tutti, responsabili – irresponsabili, perché quasi tutti hanno della politica una idea vaga, come di un gioco di posizionamenti.
Quando alcuni si dicevano, o ancora si dicono né di destra né di sinistra, pensavano di essere intelligenti, di saltare a piè pari dalle contraddizioni.
la sciocca idea che si trattava solo di fare il bene dei cittadini, senza conflitti appunto, senza contrasti, senza scelte.
Intendiamoci chi si dice oggi, invece, di destra e di sinistra non è che pesi molto di più.
Solo una parodia più o meno riuscita di antiche e perfino nobili identità ora scorrevoli e provvisorie.
E, provvisoriamente, non a caso vince chi con più coraggio non nega le proprie radici, perfino, come nel caso italiano oggi, le radici peggiori.
Hanno un bel dire i tecnici che in queste ore affollano giornali e tv, così come gli sforzi generosi di masse di ragazzi che urlano da un po' l’allarme sul clima e i temi ambientali.
Niente da fare, se non c’è un nesso con interessi e conflitti, se non c’è una massa critica che pesi sui poteri reali, quasi nulla si sposta e si sposterà.
E’ una idea generale del rapporto di sfruttamento delle cose e delle persone che serve rovesciare.
Se il metro è quello del valore di scambio invece che del valore d’uso esseri umani e terra saranno inchiodati alla eterna spoliazione.
Un moderno e più globale plusvalore di cui alcuni si appropriano e su cui nessuno oggi contratta.
Perché per contrattare ci vuole organizzazione, forza, potenza sociale , che nessuno oggi possiede.
Forse nemmeno chi governa, e crede di essere al potere.
Per non parlare di chi si pensa opposizione.
Tutte cose inutili che basta una grande pioggia, con litri e litri d’acqua che sommergono intere pianure, per spazzare via.
Nessuna speranza allora? Questo mai, per carità.
I miei amici operai di Pomigliano mi hanno inviato in questi giorni informazioni e documenti sulla lotta alla Stellantis, il vecchio stabilimento ex Fiat.
Uno di loro mi ha detto siamo tornati a scioperare con la parola d’ordine dignità.
Mi sembra un buon inizio.
Lì, mi hanno spiegato, ormai si producono più automobili con minore utilizzo di addetti alle linee.
I lavoratori non ce la fanno più, sono stremati e si stanno ammalando, sulla catena di montaggio si lavora a ciclo continuo.
Ci sono solo tre pause di dieci minuti e in quei pochi minuti il lavoratore deve decidere se andare al bagno, bere un po' d’acqua o fumare una sigaretta.
Perchè tutte e tre le cose insieme non le può fare.
Di 4000 dipendenti oltre 900 sono in Cassa integrazione.
Dopo 14 anni lì si è tornati a scioperare.
Il mio amico Antonio mi ha inviato una conversazione fatta con una troupe della Rai. Sono andati a casa sua.
Antonio ha raccontato che dal 2010 è ininterrottamente in cassa integrazione e che gli da anche fastidio raccontare di se e della propria famiglia.
Se vedo una camicia che mi piace - dice - non me la posso comprare, ma vado avanti, non ho uno stipendio pieno non mi ricordo neppure più da quando.
E ora tutto è aumentato, l’inflazione è alle stelle, c’è qui tutta la difficoltà di un Paese fermo e della difficoltà di un monoreddito del meridione e di una situazione così difficile e complessa.
E ancora, Antonio spiega al giornalista che con un salario così decurtato non puoi scegliere nemmeno cosa mangiare, il pranzo lo decide il mercato, se il maiale sta a meno del coniglio tu scegli il maiale.
La lotta si nutre anche di questo, della umanità e la dignità di persone come Antonio.
E poi chi governerà la cosiddetta transizione ecologica verso l’auto elettrica?
Parlarne è facile ma, dati alla mano, che ha reso noti Gerardo, un altro operaio Stellantis, mio amico, una vettura completamente elettrica monta il 32% dei componenti in meno rispetto ad una a scoppio.
Mirafiori, per produrre 98mila Fiat 500 elettriche, gli sono bastati poco meno di 1266 addetti.
Se rapportiamo questo a Cassino, Pomigliano e Melfi, vuol dire che rischiamo di perdere il 50% degli operai attuali e il 20% di fornitori e camionisti..
Insomma la contraddizione produzione ambiente c’è e per governarla, scioglierla in avanti, nell’interesse insieme di chi lavora e di chi giustamente guarda a un futuro più sostenibile e pulito, serve un’alleanza sociale.
Per trovare strade fuori dal paradigma del profitto, conciliando il soggetto col suo prodotto e il prodotto con la qualità di vita propria e dei suoi concittadini.
Questo vale anche se per prodotto intendiamo le abitazioni che ora sono inondate a Cesena o qualche mese fa crollate nella frana di Ischia.
Conciliare produzione e vita, unificando Antonio, Gerardo, e gli altri che scioperano a Pomigliano.
E anche quelli della ex Whirlpool, che lottando hanno aperto un varco produttivo e innovativo per se e per Napoli allo stesso tempo.
Così come con altri "operai" di quella fabbrica diffusa che ormai fanno i corrieri, portano pacchi e pizze, stanno nella distribuzione e la logistica.
E mettendo tutti loro assieme a quei ragazzi che pensano all’ambiente, e anche a quelli che vogliono studiare in condizioni migliori (perché se non prepariamo qualità tecnica e intellettuale sarà difficile convivere col mondo)
E con loro quelle popolazioni che anelano sicurezza da cataclismi e catastrofi, per liberarsi dalle quali non basterà ripulire qualche tombino intasato, cosa che pure va ovviamente fatta.
Tutto questo non è facile ma non è impossibile.
Forse ci vorrebbe gente che un poco ci lavora.
Ho visto per il recente voto tanti, anche ragazzi carichi di idealità e passione, sprecare tempo e impegno per liste inutili prive di consenso, e anche quando qualche civica locale strappa voti spesso non si sa neppure come usarli.
Non sarebbe meglio, per tutta una fase, mettere mano a un disegno più faticoso ma forse, chissà, magari più proficuo?
Un magma sociale di questa portata, piuttosto che le staffette virtuali dei Santoro di turno, forse diventerebbe perfino veicolo di scorrimento per rivendicare più serie e convinte politiche di pace e di ricusazione dell’uso delle armi.
Non so, io la vedo così. Ma forse mi sbaglio.
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