PERUGIA - L'arte e io siamo buoni amici, forse è per questo che ha fatto in modo che io e la mia famiglia fossimo tra gli ultimi a rinnovare la Perugia Card annullata dall'improvvida decisione di uno degli enti che facevano parte del consorzio che le aveva dato il via.

Ne ho approfittato per dare alla Galleria Nazionale dell'Umbria un ultimo sguardo alla Pala dei Decemviri che la storia ha deciso di togliere dalla sua casa. È stato un bel saluto: noi due soli, a carpire malinconici i reciprochi sguardi, a dirci cose che tacere è bello.

È stata un'ulteriore occasione per verificare quanto sia utile la “Perugia Card”. A partire dalla biglietteria dove, anche se non potevano più verificare elettronicamente la card, mi sono sentito dire “a lei la conosciamo”.

Perché è questo che fa la card d'accesso ai musei: rende l'un l'altro familiari personale e utenti. E gironzolando tra le sale m'è sembrato che l'approccio alle opere d'un paio di visitatori fosse simile al mio, denunciando una loro certa consuetudine con le sale della Galleria.

Ho visto, inoltre, un gruppo d'adulti attenti alla spiegazione davanti al polittico di Taddeo di Bartolo e, soprattutto, bambini seduti in terra tra il Deposto di Roncione e il paliotto di san Felice di Giano che ascoltavano attenti e divertiti per niente intimoriti dalle opere d'arte.

Facilità d'approccio e consuetudine che vanno recuperate e favorite, non rese più difficili. A ritornare sui propri passi si fa sempre in tempo, non c'è niente di male ad accorgersi d'aver sottovalutato l'importanza della “Perugia Card” restituendola ai perugini. Sia loro sia le opere d'arte nelle Gallerie, nei musei, nei Collegi perugini ne hanno reciprocamente bisogno.

Vanni Capoccia

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