PERUGIA - La Clinica di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale S.Maria della Misericordia ha organizzato per sabato 17 Marzo presso l’Aula Magna della Facoltà di Medicina un convegno nazionale su “Screening, diagnosi e trattamento delle ipoacusie infantili. Confronto tra diverse realtà regionali”.
Osserva il prof Giampietro Ricci, Direttore della S.C. di Otorinolaringoiatria s del nosocomio perugino :”La sordità pre-verbale è il più comune deficit sensoriale neonatale: l’Organizzazione mondiale della Sanità ne stima la prevalenza in 1-4 casi per 1.000 rispetto ad altri dati della letteratura mondiale, ove tale dato si aggira su 1-3 casi su 1000 nati.
Nei paesi occidentali tale prevalenza è comunemente stimata tra l’1 e l’1.5%. Questo significa che in Umbria, dove nascono circa 8.000 bambini/anno, statisticamente 8-10 di essi presentano una ipoacusia bilaterale di grado severo, in grado di pregiudicarne gravemente lo sviluppo del linguaggio e delle normali funzioni cognitive”.

Come si può intervenire al momento della diagnosi?”
“ Nella nostra struttura –risponde il Prof Ricci- disponiamo di tutta la tecnologia necessaria per una terapia adeguata, che consenta un normale sviluppo del bambino sordo ed un suo normale inserimento nel tessuto sociale e scolastico (protesi acustiche di varia potenza, impianti cocleari, protesi impiantabili chirurgicamente)”..
Come sempre accade è che per conseguire un risultato brillante, la terapia deve essere attuata precocemente, possibilmente entro i sei mesi di vita, e comunque al massimo entro un anno di età, quando la plasticità cerebrale del bambino è al massimo. Provvedimenti presi successivamente, pur apportando benefici, non potranno consentire al bambino di colmare il gap che lo separa da un bambino di pari età e normoudente.
Ne consegue la necessità di una diagnosi precoce della sordità, entro i primi sei mesi di vita, ma con la difficoltà di una impossibile collaborazione da parte del piccolo paziente.

Le metodiche adottate fino alla fine degli anni 70 si soffermavano sul comportamento: venivano somministrati dei suoni al bambino e se ne studiava la reazione. Erano metodiche piuttosto empiriche e gravate da una alta percentuale di errori. Agli inizi degli anni ottanta venne introdotta una metodica oggettiva che rivoluzionò il modo di fare screening e diagnosi in età infantile, i potenziali evocati uditivi del tronco encefalico. Con tale metodica si riusciva ad estrarre, dal rumore di fondo della attività elettrica cerebrale: così si poteva ottenere un dato certo, obiettivo, sulle capacità uditive di ogni piccolo paziente.
Il maggiore difetto di questa metodica, peraltro preziosa e tuttora largamente utilizzata, è che richiede un tempo abbastanza lungo per la sua effettuazione, soprattutto perché deve essere effettuata durante il sonno del bambino .Questa metodica, anche per gli alti costi, non potevano essere effettuati su tutti i neonati, così si decise di sottoporre alla metodica soltanto i bambini che presentavano fattori di rischio per la sordità, come familiarità per essa, sofferenza alla nascita, ittero importante etc.
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Un ulteriore passo avanti nella diagnosi della sordità fu fatto con la scoperta dei cosiddetti echi cocleari. Nel 1978 un fisiologo inglese, David Kemp, fece una scoperta piuttosto sbalorditiva: scoprì cioè che l’orecchio, oltre a percepire suoni, è in grado esso stesso di emetterne. Rispetto ai potenziali evocati tale metodica è meno precisa, nel senso che non consente diagnosi esatte sul tipo e sul grado della sordità, ci dice soltanto se un orecchio è normale o no, ma ha il grandissimo vantaggio di essere molto rapida (richiede un solo minuto per orecchio), di facile esecuzione, non traumatica e può essere fatta anche su bambino sveglio.
Tale metodica ha cominciato ad avere applicazione clinica negli anni 90 ed attualmente costituisce il modo ideale per fare lo screening precoce della sordità. L’Umbria è una delle sole tre regioni italiane (insieme al Veneto e alla Campania) che attualmente è riuscita ad assicurare la effettuazione di tale screening a tutti i neonati, in tutti i punti nascita regionali, entro i primi due giorni di vita.
Una volta effettuata la diagnosi, naturalmente si provvede tempestivamente alla terapia, che è il più delle volte protesica, seguita da una riabilitazione logopedia.

Quando la sordità è così grave che neppure la protesi riesce ad emendare il deficit, si procede all’intervento di impianto cocleare.
L’impianto cocleare è un vero e proprio orecchio artificiale, anzi è il primo organo di senso interamente riprodotto in laboratorio, costituito da un piccolo computer che trasforma l’energia sonora che arriva all’orecchio in impulsi elettrici in grado di essere interpretati dalla nostra corteccia cerebrale. “E’ dal 2004 che tali interventi vengono effettuati nella nostra Struttura –afferma il prof Ricci-, ed anche per questa ragione rappresentiamo il centro di riferimento regionale per gli impianti cocleari”,
Se precocemente individuato ed adeguatamente trattato, il bambino sordo può al finalmente essere pienamente inserito nella vita sociale e scolastica e condurre un tipo di vita assolutamente sovrapponibile a quello dei soggetti di pari età normoudenti, grazie anche all’apporto del team multidisciplinare che opera presso il centro regionale della clinica otorinolaringoiatrica, che comprende: audiologo, otochirurgo, pediatra, genetista, neuro radiologo, neuropsichiatra infantile, audiometrista, logopedista) e da parte de
“ Si può essere orgogliosi della professionalità e delle apparecchiature che l’Azienda Ospedaliera di Perugia ci ha messo a disposizione per favorire al massimo i nostri piccoli pazienti –conclude il Direttore della Clinica di Otorinolaringoiatria Prof Gianpietro Ricci – e questo ci permette di sostenere che l’Umbria è alla avanguardia in campo nazionale nella effettuazione dello screening, della diagnosi e del trattamento delle ipoacusie neonatali”. 

 

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