La Soprintendenza ha disposto il via libera alla ripresa dei lavori per la costruzione del nuovo complesso, che comprenderà residenze, strutture ricettive e socio-sanitarie pubbliche e private. Ma ancora, in attesa dell’inizio effettivo delle operazioni di edificazione, solo lacerti di muri e polvere. Il cantiere di Monteluce è racchiuso in un’atmosfera senza tempo: tra i ruderi degli ex-padiglioni dell’ospedale, un tempo attraversati da schiere di passanti e camici bianchi, regna un silenzio di tomba. Anzi, di tombe. Perché, in effetti, sull’area oggi interessata dai lavori, in antico denominata Predio Ara, insiste una delle necropoli urbane di Perugia etrusca. Si tratta di un documento storico di primaria importanza, solo parzialmente indagato a partire dalla fine del 1800.  L’archeologo cui si deve la scoperta della maggior parte delle tombe note è Luigi Carattoli, troppo presto caduto nel dimenticatoio.

Grazie al suo intervento, in seguito al rinvenimento fortuito di una tomba a camera, fu promossa un’indagine intensiva dello sperone pianeggiante posto a sinistra dell’attuale imbocco di via del Favarone. I risultati superarono le attese: ben dodici le tombe portate alla luce, alcune d’eccezionale interesse. Pochi decenni dopo, gli scavi intrapresi per la costruzione delle fondamenta del nuovo ospedale (1910-1911) svelarono l’esistenza di un’ampia necropoli. Due le tombe a camera dissotterrate a tergo del Monastero, da cui furono recuperati altrettanti vasi dipinti di fabbrica etrusca (kelebai). In uno di questi, vicinissimo per esecuzione agli esemplari usciti dalla bottega del grande Pittore di Hesione (uno dei più noti ceramografi d’Etruria), erano raffigurati una menade danzante e un sileno con coda equina. Nel 1913 si rinvenne un’urna di travertino iscritta, con la raffigurazione del sacrificio di Ifigenia. Nell’estate del 1921 si scoprì una tomba a camera di epoca romana contenente otto urne in travertino, oggi conservate al Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, tutte riferibili ad individui appartenenti alla famiglia dei Sortes.

Gli ultimi rinvenimenti risalgono al 1937, quando si stavano edificando i nuovi padiglioni del Policlinico, e si tratta di un’urna in travertino e un’anfora a figure nere di pregevole fattura, riferibile al Gruppo di Leagros. Certamente la necropoli non è stata completamente riportata alla luce, e ci dobbiamo senz’altro aspettare altre emergenze.  Alcuni dei vasi passati in rassegna testimoniano che la zona, situata lungo una delle principali vie d’accesso all’acropoli etrusca, era già strutturata come necropoli in età arcaica, in concomitanza con la formazione del centro urbano di Perugia. Il Predio Ara ha restituito ben quattro magnifiche tombe di guerriero, databili tra il pieno quarto secolo avanti Cristo e il primo venticinquennio del secolo successivo. Il defunto, connotato come simposiarca e guerriero (con elmo, schinieri, armi) è inumato in cassa lignea decorata con borchie bronzee, oppure cremato e deposto all’interno di un’urna in arenaria o di un vaso dipinto.

Queste tombe sono rimarchevoli perché, oltre a poter vantare gli splendidi corredi esposti nelle teche del nostro museo archeologico, ci permettono di comprendere le ideologie connesse a particolari forme di auto-rappresentazione.  Il futuro di Monteluce potrebbe trarre grande profitto dalla valorizzazione del suo passato, qualora, come è auspicabile, si prevedesse di integrare nella nuova struttura un percorso museale che ricordi l’importante funzione rivestita dall’area in epoca etrusca.

Simone Nardelli - MoVimento 5 Stelle Perugia

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