Pd – La lista “illegale”
Di Ciuenlai
PERUGIA - Che il Pd non è un partito, nel senso stretto della parola, lo si sapeva. E la conferma è puntualmente arrivata guardando quello che è successo in occasione dell'approvazione della lista alle prossime elezioni regionali. Tutta la cronaca si è riversata sui “gossip” della giornata, dedicati al “chi entra e chi esce”,ma nessuno ha fatto rimarcare la vera notizia : Sono saltati tutti (o quasi) i criteri stabiliti dalla direzione regionale.
E, badate bene, non ne sono stati approvati altri, per cui la lista sarebbe “illegale” rispetto a quanto deliberato dal massimo organo del partito. Ma andiamo per ordine . Era scritto nel documento che la lista doveva essere rinnovata “almeno del 70%” (e sottolineo quell'almeno). Invece , se si considerano solo coloro che erano già candidati 5 anni fa, i “nuovi” (si fa per dire) sono solo il 65%. Se invece consideriamo più correttamente, l'insieme degli amministratori riconfermati, comprendendoci, com'è giusto che sia, Assessori e Presidenti, siamo al 53%. E chi sono i nuovi? Gli unici competitivi sono il prof Solinas e Rita Zampolini.
Gli altri solo un elenco di “giovani promesse” messo là a fare numero. C'è già chi accetta scommesse sul fatto che tra Simona Marchesi, Ramona Furiani, Francesca Olivieri, Nicoletta Antonini e Alessia Dorillo il numero delle elette sarà pari a 0. E qui si entra nel “dolente” secondo criterio : le donne. Dice il documento “la lista dovrà essere composta metà da uomini e metà da donne”. Manco per niente. Gli uomini sono 11 e le donne 9. E il numero è fittizio perché, come abbiamo visto prima, la maggior parte di esse difficilmente salirà sugli scranni di Palazzo Cesaroni. Ce la farà quasi sicuramente Fernanda Cecchini. Sperano Porzi, Zampolini, e Casciari. Insomma, se il Pd vince, non dovrebbe riuscire ad elegger più di due o tre rappresentanti del gentil sesso. Nessuna rivoluzione dunque; saremmo nella norma. Terzo e ultimo criterio : “La lista dovrà essere adeguatamente rappresentativa delle macro aree territoriali della Regione”. Bene Perugia ha tre candidati, come Terni e l'Alta Umbria e mezzo in meno di Foligno. Si Mezzo in Meno perché Donatella Porzi si divide tra Cannara e “lu centro dello munnu”.
Quindi Mentre la piccola Bastia Ha due rappresentanti, la “grande”Spoleto non ne ha nessuno. Se i capoluoghi ne hanno meno della terza città e la quinta resta fuori, quel ”adeguatamente” è decisamente di troppo. Parlare di squilibri territoriali nella rappresentatività non sarebbe sbagliato . Siamo quindi alle solite. I criteri non sono una cosa oggettiva, ma un elemento che si può tirare da una parte o dall'altra a seconda delle convenienze e delle persone, non delle necessità collettive. Ci diranno che qualche scostamento c'è stato, ma che “pressapoco” i deliberati sono stati rispettati. Già, vi presento “pressapoco”, il vero criterio che ispira il Pd. E ritorno quindi alla domanda iniziale : Si può chiamare partito quell'organizzazione i cui organismi dirigenti approvano una cosa , smentendola pochi giorni dopo, senza battere ciglio e senza neanche degnarsi di correggere le proprie decisioni?
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